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«Pur con tutti i suoi difetti, il Partito Democratico è l’unico argine di difesa contro l’estremismo e la demagogia». Cesare Damiano, leader della minoranza LabourDem, inizia con queste parole la sua campagna elettorale. Una campagna «che si gioca fino all’ultimo voto» e che lui corre nel collegio uninominale della Camera a Terni.
Partiamo dalle liste del Pd, quanto è uscita malconcia la minoranza?
E’ innegabile che queste liste abbiano lasciato per strada morti e feriti: a dire il vero capita sempre, ma questa volta la minoranza è stata particolarmente penalizzata, adesso dobbiamo andare oltre perchè è il tempo dell’unità..
Lei è un ex ministro e ha spuntato un seggio nel collegio uninominale di Terni. Dica la verità, si è sentito un po’ bistrattato dal suo partito?
Corro solo in questo collegio e non ho nessun paracadute e nella mia storia non ho mai avuto posti garantiti nei listini, senza passare al vaglio degli elettori o delle primarie. A Terni, territorio che mi è congegnale per i temi del lavoro e dell’impresa, si profila un testa a testa tra noi e il centrodestra, quindi la battaglia sarà all’ultimo voto, ma del resto alle battaglie sono abituato. Confido molto sulla riconoscibilità della mia competenza, esperienza e onestà.
In molti le chiederanno del jobs act, lo difenderà?
L’ho criticato in molte occasioni. Ora posso spiegare che nel programma del Pd è contenuta la proposta di correggere il jobs act, perchè si rendono strutturali gli incentivi per gli assunti a tempo indeterminato, abbassando il costo dei contributi previdenziali, che passeranno dal 33% al 29%. Inoltre, continuerò la mia battaglia per aumentare a 8 mensilità il costo minimo dei licenziamenti illegittimi.
Eppure Terni, città dell’acciaio, farebbe pensare a una roccaforte rossa.
Era così solo fino a 5 anni fa, quando in questo collegio con l’uninominale si sarebbe vinto a mani basse. Oggi non è più così, perchè purtroppo il mondo del lavoro si riconosce sempre meno nella politica. Lo ha ben evidenziato la terza indagine condotta dalla mia associazione LavoroWelfare insieme all’università La Sapienza: nel 2010 il 30% dei lavoratori dichiarava di non riconoscersi in alcun partito, oggi la percentuale è salita al 70%. Un dato drammatico, ma che rispecchia un Paese in cui soffiano venti di populismo, razzismo e fascismo, che trovano alimento in un diffuso malcontento popolare.
E la sinistra con che armi combatte in questo scenario?
Pur con tutti i difetti che io per primo non ho mai mancato di evidenziare, credo che il Pd costituisca ancora un argine di difesa contro l’estremismo e la demagogia. Il Pd è un saldo baluardo antifascista ed europeo.
E’ stato lo stesso Renzi, con un lessico che non usa spesso, a dire che il Pd è antifascista.
Nella dialettica politica che caratterizza il partito per fortuna c’è una reciproca contaminazione. Argomenti che un tempo erano esclusivo appannaggio della minoranza di sinistra oggi diventano un contenuto condiviso da tutti. In questa battaglia contro il fascismo e il razzismo il Pd si muove senza tentennamenti, mentre gli altri partiti si collocano in posizioni molto più ambigue. Ricordo che il centrodestra ha definito “una ragazzata” l’invasione della sede di Como dei Pro Migrantes da parte degli skinhead.
I fatti di Macerata sono ancora al centro delle cronache. Lei era d’accordo con la decisione del Pd di non aderire alla manifestazione?
Il Pd ha scelto di aderire alla manifestazione nazionale indetta dall’Anpi il 24 febbraio, non ha invece partecipato a quella di sabato scorso anche per raccogliere le preoccupazioni dello stesso sindaco di Macerata di non esacerbare gli animi. La manifestazione, comunque, si è svolta senza alcun incidente di rilievo.
Quanto pesa la questione dei migranti in questa campagna elettorale?
Si tratta di un tema con un grande rischio di strumentalizzazione, in particolare da parte del centrodestra. Loro, però, dimenticano che fu Berlusconi nel 2003 a firmare il trattato di Dublino, che nei fatti ha trasformato l’Italia in un avamposto di tutte le migrazioni nel Mediterraneo. Era sempre Berlusconi che, nel 2011, è andato a Tunisi per invitare i migranti a venire in Italia a trovare casa e lavoro. Oggi è lo stesso che vuole mettere le barriere.
La sinistra, invece, è accusata di buonismo.
Noi non possiamo sottovalutare le preoccuazioni che esistono nella popolazione su questi temi. Credo che non si tratti di essere buonisti o estremisti, ma di fissare per tutti regole precise: la prima, che sia gli italiani che i migranti devono rispettare le leggi. I diritti sono sacrosanti ma ci sono anche i doveri e penso che sia di sinistra dire che le pene devono essere applicate e certe, senza sconti, perchè così lo Stato tutela le vittime, soprattutto i più deboli.
La soglia di sicurezza del Pd è il 25%?
Il Pd ha avuto una discesa ininterrotta dal 40% delle europee ad oggi. Il 25% come partito sarebbe un ottimo risultato di tenuta. La questione, sulla lunga distanza, sarà però capire che partito vuole essere il Pd, quali siano i valori di fondo che lo ispirano: altrimenti non siamo più un partito ma un comitato elettorale. Ecco, per me il principio cardine deve essere la lotta contro le disuguaglianze, aumentate in modo intollerabile in questi ultimi decenni.