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Il professor Roberto D’Alimonte non ha dubbi: con questa legge elettorale, frutto del «taglia e cuci della Consulta», sarà impossibile mettere insieme una maggioranza. Eppure, nonostante il pessimismo della ragione, una speranza c’è ancora: «Se Pd e Forza Italia, forse con l’aggiunta di Alfano, riusciranno a ottenere il 50% più uno dei seggi, allora potrebbe nascere un governo».
Professore, per quanto ancora saremo condannati all’impasse?
Ora come ora, a tempo indeterminato. Attualmente la prospettiva più verosimile è che si voti con la legge elettorale frutto del taglia e cuci della Consulta, che darebbe più o meno il seguente risultato: Movimento 5 Stelle con il pieno dei voti al Sud; il Pd che tiene nelle regioni dove è storicamente forte, in Toscana, Emilia e parte del Nord; il centro- destra che andrà bene al Nord e soprattutto in Lombardia e Veneto. Tre poli, più o meno, equivalenti ma non comunicanti. Metterne insieme due su tre per arrivare alla maggioranza sarà complicato e potrebbe non bastare.
Con quali conseguenze?
Il rischio concreto, e altamente probabile, è che dopo le elezioni non sia possibile costituire un governo, quindi si dovrà inevitabilmente ritornare a votare senza alcuna certezza che il secondo voto possa sbloccare l’impasse.
Eppure la politica non sembra capace di uscire dall’immobilismo sulla questione della legge elettorale. Come mai?
E’ praticamente impossibile fare una nuova legge elettorale e sarà ugualmente difficile modificare quelle attuali. Per una ragione molto semplice, una volta approvata una nuova legge elettorale si crea, intorno ad essa, una costellazione di interessi, per cui ogni modifica significativa diventa un gioco a somma zero con dei perdenti e dei vincenti. Toccare un elemento significa favorire qualcuno rispetto a qualcun altro.
E nessuno è disposto a giocarsi questa partita?
Nessuno ha la forza di sbloccare il meccanismo. Provo a spiegarmi con un esempio: oggi abbiamo una legge elettorale con premio di maggioranza senza coalizioni alla Camera, mentre al Senato ci sono le coalizioni ma non il premio di maggioranza. Il buon senso direbbe di inserire il premio alla coalizione anche alla Camera, ma a chi giova? Non è una riforma neutra. Gioverebbe a Berlusconi, perché così farebbe molto più facilmente la federazione dei partiti di centrodestra. Ma perché Renzi dovrebbe concederglielo, visto che il Pd non ha interesse a fare una coalizione preelettorale né con Bersani né con Pisapia? Questo blocca la partita.
Non è possibile alcuna modifica?
Forse il Parlamento convergerà su qualcosa di minimale che non sposta gli equilibri, come l’eliminazione del sorteggio per i plurieletti e la creazione al Senato di più circoscrizioni elettorali nelle regioni più grandi per rendere meno costosa la raccolta delle preferenze. Impossibile, invece, è intervenire sulle questioni di sostanza, come il premio alla coalizione alla Camera, l’estensione del premio di maggioranza al Senato, la modifica delle soglie di sbarramento e l’eliminazione dei capilista bloccati.
Per contro, oggi in molti sono tornati a tessere le lodi del sistema proporzionale, perché garantiscono maggiore rappresentatività… E’ vero, ma io dico però che il problema della nostra democrazia oggi sia soprattutto la governabilità. Di troppa rappresentatività la democrazia muore. Al Paese serve un governo e la politica dovrebbe porsi con forza questo problema, visto che – allo stato attuale - dopo il voto sarà impossibile mettere insieme una maggioranza.
Un altro termine tornato molto di moda è quello di coalizione. Potrebbe essere la risposta?
Non c’è dubbio che con questi sistemi elettorali saranno necessarie le coalizioni. Quelle fatte dopo il voto naturalmente. E a questo proposito, visti i numeri e i veti, oggi l’unica speranza di dare un governo al Paese è legata a una coalizione Renzi- Berlusconi. Se Pd e Forza Italia, con l’aggiunta di Alfano, riusciranno a ottenere il 50% più uno dei seggi, allora si potrà fare un governo. Impossibile dire quanto durerà o quanto sarà efficace e io personalmente ho molti dubbi, ma credo sa l’unico governo ipotizzabile.
Scarta l’ipotesi del Movimento 5 Stelle con la Lega Nord?
La scarto innanzitutto perché dubito che il Movimento 5 Stelle e Salvini arrivino al 50% dei seggi. Ma se anche questo succedesse, il Movimento 5 Stelle continua a credere di poter costituire un governo senza trattare, ma contando sull’appoggio esterno della Lega Nord grazie ad un programma che conceda qualcosa in tema di immigrazione e di referendum consultivo sull’euro. Ipotesi, questa, che mi sembra davvero poco verosimile.
E una coalizione del Pd a sinistra?
A questa soluzione credo ancora meno che alle altre. Le assicuro: se si fa l’elenco delle possibili maggioranze, ci si accorge che l’unica ipotesi credibile perché si costituisca un governo è che Pd e Forza Italia arrivino al 50% più uno dei seggi. E sarà comunque difficile, a meno che da qui al voto non cambi radicalmente il quadro.
E, in ogni caso, torna l’interrogativo sulla leadership. Ora sono in corso le primarie del Pd e anche nel centro- destra si discute di scegliere in questo modo il leader. Ha però ancora senso focalizzarsi così sul premier, in un sistema parlamentare come è rimasto il nostro?
Sicuramente oggi le primarie hanno meno senso che in passato. Rimangono però uno strumento che ha anche la funzione di mobilitare gli elettori e non solo gli iscritti ai partiti, che sono sempre meno. Allargare la scelta del leader a cittadini serve a legittimare maggiormente il candidato. E’ vero, però, che in un sistema proporzionale viene meno il senso di indicare a priori un candidato premier.
Con tutta probabilità, il segretario del Pd e quindi il candidato premier sarà di nuovo Matteo Renzi. Quante probabilità ha di tornare al governo?
Io nutro forti dubbi sul fatto che Renzi, dopo la prossima tornata elettorale, torni a fare il presidente del Consiglio. Questo perché si troverà invischiato in una situazione molto complessa sul fronte della leadership, condizionata dalla difficoltà di formare una maggioranza.
Provando a teorizzare, con quale sistema si sbloccherebbe questo cortocircuito?
Io sono molto testardo e rimango convinto che la strada per assicurare un minimo di governabilità a questo Paese oggi sia un sistema elettorale maggioritario a due turni, di lista come l’Italicum o di collegio come in Francia. E’ l’unico sistema capace di favorire la formazione di una maggioranza in un sistema tripolare. Per sbloccare la situazione bisogna dare agli elettori un secondo voto: questa è la strada maestra per ridurre il rischio dell’ingovernabilità. Secondo voto e seconde preferenze.
Questo anche se la Corte Costituzionale ha bocciato in modo netto il ballottaggio nell’Italicum?
Certo, io sono molto critico rispetto alla sentenza della Consulta. La Corte ha utilizzato motivazioni e argomenti che dimostrano una totale incomprensione della teoria e della pratica dei sistemi elettorali a due turni, fraintendendone il senso. Mi piacerebbe chiedere ai giudici se considereranno incostituzionale anche il prossimo presidente della Repubblica francese: spero che sia Emmanuel Macron, e scriverò che la Francia è governata da un presidente eletto con il 25% dei voti, più o meno. Quindi incostituzionale, secondo gli standard della nostra Consulta.
E su chi ricadrà la responsabilità politica della stasi attuale?
Su buona parte della classe politica, su un bel pezzo del mondo intellettuale, sui tanti giuristi che parlano in maniera astratta di sistemi elettorali e di funzionamento del sistema politico, sulla Consulta e sul mondo dell’informazione, che non ha capito l’importanza del voto del 4 dicembre e non ha messo i cittadini nella condizione di capire. Come vede, la fila dei colpevoli è molto lunga. E anche Renzi ci ha messo del suo.