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Conte o Salvini? Ci sono voluti parecchi giorni perché i commentatori, a differenza dei politici che avevano colto subito la portata dell'evento, si accorgessero della radicalità della sterzata impressa da Conte con il voto a favore della Von der Leyen a Strasburgo.
Basti dire che nella scorsa legislatura europea l'M5S era nello stesso gruppo di Nigel Farrage, probabilmente quello più antieuropeo che ci fosse. Oggi fa parte della nuova maggioranza ed è considerato a Bruxelles, nelle principali capitali europee un affidabile partito europeista.
L'appoggio dell'establishment Conte, certamente non da solo ma spalleggiato e forse ispirato da un establishment europeo che considera Salvini una minaccia dalla quale liberarsi il prima possibile, ha quasi certamente manovrato in modo da dividere la maggioranza italiana.
Gli sarebbe infatti stato facile, essendo i voti della maggioranza italiana essenziali per l'elezione di Ursula Von der Leyen, reclamare un intervento che permettesse anche alla Lega di votare la candidata.
Il discorso della ' presidente incaricata' è stato invece di segno opposto: calibrato per ottenere i voti dei 5S e per respingere quelli della Lega.
La strategia del presidente del Consiglio Lo sgambetto di Conte non è un episodio casuale o circoscritto. Si inscrive in una strategia lucida che il presidente del Consiglio porta avanti dalle elezioni europee in poi, approfittando anche dello stato catatonico che ha trasformato i 5S in una massa di manovra spostata dall'inquilino di palazzo Chigi molto più che dal suo pentastellato vice, sedicente leader politico dell'M5S.
Conte mira, sin qui con risultati brillanti, a spostare i 5S da forza antisistema a puntello, sia pur critico su diversi fronti, del sistema stesso, facendo così di se stesso il punto di riferimento dell'establishment europeo e di quello italiano.
L'operazione è riuscita Appena due mesi fa una eventuale crisi di governo avrebbe comportato l'uscita di scena di un presidente del Consiglio arrivato alla guida del Paese quasi per caso.
Oggi Giuseppe Conte è individuato come il solo possibile leader ' anti- Salvini' e il più probabile candidato alla successione di se stesso se un'eventuale crisi di governo portasse non al voto ma alla costituzione di una maggioranza alternativa M5S- Pd.
Conte infine, ha saputo trasformare in punti di forza due elementi di debolezza che sembravano inaggirabili. Anche lui, come Renzi a suo tempo, è un premier ' non eletto da nessuno', anche se nessuno glielo ha rinfacciato come capitava quotidianamente all'allora segretario del Pd.
Il limite è diventato però nelle mani del premier strumento per negare l'appartenenza al partito che lo aveva indicato come presidente del Consiglio, ponendosi così in una posizione autonoma che gli consente di muoversi tra i soci della maggioranza con molta più libertà.
Anche il secondo limite, governare con una maggioranza al cui interno i rapporti di forza si sono invertiti rispetto al momento della nascita, permette a Conte di poter disporre quasi a piacimento della massa parlamentare a cinque stelle, troppo terrorizzata dal rischio di elezioni anticipate e troppo sbandata per resistere.
Può quindi volteggiare tra il ruolo di leader del partito di maggioranza relativa in parlamento, dal momento che i 5S non possono permettersi di dirgli anche un solo no, e quello di presidente ' istituzionale'.
Scontro inevitabile Su questa strada però Conte e Salvini finiscono inevitabilmente per cozzare l'uno contro l'altro. Non è più questione di potere personale, di chiarire chi comanda davvero e chi fa il vice.
Sono due disegni politici inconciliabili e la faccenda è molto meno soggetta a possibili mediazioni di un semplice scontro di potere personale. Conte ritiene che il tempo giochi a su favore e probabilmente ha ragione.
Il ruolo di ' fiduciario' di Bruxelles si consoliderà e diventerà ben più incisivo quando la nuova commissione si sarà insediata. Una volta entrati nel vivo dell'iter della finanziaria, inoltre, l'arma di Salvini, la minaccia di crisi, sarà spuntata perché a quel punto una crisi porterebbe certamente alla nascita di una maggioranza alternativa.
Gli errori di Salvini Abilissimo come propagandista più che come politico, il leader leghista ha inanellato alcuni errori gravi.
Ha scommesso quasi tutto su uno sconquasso europeo che non c'è stato. Non ha osato aprire la crisi subito dopo le europee, quando aveva tutti gli assi in mano e alla crisi sarebbero seguite senza dubbio elezioni anticipate.
Si è mosso goffamente nella vicenda dell'elezione della presidente Von der Leyen, partita nella quale Conte ha invece dato il meglio.
Aprire la crisi oggi sarebbe per Salvini molto più rischioso di quanto sarebbe stato appena un mese fa.
Tuttavia le reazioni d ieri all'apertura di Franceschini ai 5S, sia la rissa scoppiata tra i Ds sia la replica indisponibile di Di Maio, indicano che la situazione non è ancora matura per una nuova maggioranza.
Salvini, insomma, ha ancora pochi giorni per aprire la crisi con notevoli possiblità, anche se non più con la certezza, di uscirne vincente. Dopo di che sarà alla mercé di Giuseppe Conte.