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Carlo Cottarelli, economista e senatore del Partito democratico
Carlo Cottarelli, economista e senatore del Pd, spiega che «in questa fase il debito pubblico italiano sta scendendo nonostante l’aumento dei tassi di interesse» e che «nel medio e lungo periodo, cioè quando l’inflazione sarà scesa, è ovvio che un aumento dei tassi d’interesse penalizzerà l’Italia, ma per ora l’inflazione rimane così alta che l’Italia sta guadagnando da questa congiuntura».
Sulle critiche di alcuni esponenti di governo alla Bce è dunque netto. «Un aumento dei tassi d’interesse di questa dimensione è il minimo che una banca centrale può fare di fronte a questi tassi di inflazione - dice - Noi dobbiamo ridurre il debito pubblico, e lo stiamo facendo, ma non possiamo incolpare la Bce se smette di essere il nostro bancomat».
Professor Cottarelli, condivide la visione del Financial Times secondo il quale l’Italia potrebbe essere l’anello debole dell’Ue nei prossimi mesi, a causa del nostro alto debito pubblico?
Mi sembra che il Financial Times abbia un po’ esagerato. L’Italia è il secondo paese più indebitato in Europa dopo la Grecia e quindi è chiaro che è più a rischio di altri rispetto alla politica di aumento dei tassi di interesse che sta portando avanti la Bce. Ma tale aumento è abbastanza moderato e a questo occorre aggiungere che l’inflazione rimane alta. Aspettiamo i dati di dicembre che attesteranno una discesa ma nella zona euro l’inflazione aveva superato la doppia cifra, mentre la Bce ha portato i tassi d’interesse al due e mezzo per cento.
Cosa significa tutto questo per il nostro paese?
Significa che in questa fase il debito pubblico italiano sta scendendo nonostante l’aumento dei tassi di interesse. Nel medio e lungo periodo, cioè quando l’inflazione sarà scesa, è ovvio che un aumento dei tassi d’interesse penalizzerà l’Italia, ma per ora l’inflazione rimane così alta che l’Italia sta guadagnando da questa congiuntura. Ricordo che per un titolo emesso a dieci anni, nel breve periodo i tassi sono ampiamente negativi.
Quindi non condivide le critiche di chi, come il ministro Crosetto, giudica sbagliata la politica della Bce?
Penso che se da un lato quel titolo del Financial Times fosse esagerato, dall’altro sia sbagliato criticare la Bce, per il semplice fatto che un aumento dei tassi d’interesse di questa dimensione è il minimo che una banca centrale può fare di fronte a questi tassi di inflazione. Poi è chiaro che c’è una generale incertezza su come il sistema finanziario mondiale, dopo un periodo molto prolungato di tassi di interesse a zero o addirittura negativi, possa reagire a un aumento dei tassi di interesse molto rapido. Non scordiamoci è ciò che causò la crisi finanziaria globale nel 2008 e 2009. Per questo le banche centrali si stanno muovendo con prudenza nell’alzare i tassi di interesse.
Dunque la Bce non sta commettendo errori?
Credo che in caso bisognasse criticare le scelte fatte prima, quando è stato permesso che l’inflazione arrivasse a due cifre. Ma era una fase di estrema incertezza, in cui uscivamo dal Covid e nessuno sapeva come gestire quel periodo. Certo è che le banche centrali e i governi nel 2021 hanno esagerato con le politiche troppo espansive e adesso si sta tornando indietro, ma con prudenza.
Seguendo questo ragionamento potremmo pensare che una diminuzione dell’inflazione, dunque una frenata nell’aumento dei prezzi, possa essere un fattore negativo per l’Italia?
I tassi di interesse attuali sono ampiamente negativi rispetto al tasso di inflazione, per cui se diminuisce l’inflazione questo vantaggio si attenuerebbe, ma non sparirebbe del tutto. Certo se i tassi d’interesse fossero al 3,5 per cento con l’inflazione al 2 per cento ci perderemmo, ma anche in quel caso non in maniera così drammatica.
Dunque cosa deve temere il nostro paese?
L’Italia deve temere shock economici come quello derivante dalla pandemia, perché in quel caso non potremmo andare avanti senza il sostegno della Bce. Ricordo che durante il governo Draghi il debito nei confronti dei mercati finanziari è sceso perché lo comprava la Bce, mentre il debito complessivo è rimasto invariato rispetto al Pil. È ovvio che era meglio quando la Bce faceva da bancomat, ma non si può sperare che lo faccia per sempre. Stiamo tornando a una situazione normale, che in assenza di shock esterni tipo la pandemia o la crisi del 2009 non ci dovrebbe spaventare. Noi dobbiamo ridurre il debito pubblico, e lo stiamo facendo, ma non possiamo incolpare la Bce se smette di essere il nostro bancomat.
Crede che la presidente della Bce, Christine Lagarde, sia stata un po’ imprudente nel rilasciare certe dichiarazioni, alcune delle quali hanno portato anche all’irritazione del Quirinale?
Bisogna distinguere gli episodi. In quello in cui è intervenuto il Quirinale c’era stato effettivamente un errore di comunicazione, mentre l’ultima occasione in cui Lagarde è stata piuttosto pesante verbalmente penso sia qualcosa di diverso. In quel caso quelle parole forse sono arrivate dopo un compromesso raggiunto all’interno del Consiglio della Bce per avere un aumento dei tassi di interesse soltanto dello 0,50 per cento invece che dello 0,75. Quindi potrebbe non essere stato un errore di comunicazione, ma il risultato di un compromesso per avere un aumento dei tassi più basso di quello che molti paesi del Nord Europa, Germania in primis, volevano.
Pensa che il nostro governo avrò problemi di dialogo in futuro con le istituzioni finanziarie?
Posso solo dire che la legge di Bilancio è stata accettata abbastanza bene dalle istituzioni europee, con delle critiche giuste su questioni fiscali come il tetto al contante. Il governo ha portato avanti una linea prudente per evitare contrasti con la Commissione e spero continui così.