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Colle
Bisogna riconoscere che il Capo dello Stato non ha mai perso occasione di svolgere, quasi calligraficamente, il suo compito di incarnare l’unità della Nazione, riuscendovi perfettamente, se è vero che nell’immaginario degli italiani continua a rappresentare l’unica figura istituzionale in cui cittadino riesce a riconoscersi. In questa chiave vanno letti, dunque, tutti i suoi recenti appelli alla coesione, alla solidarietà, a deporre, almeno fino a quando il Coronavirus tiene campo, le armi usate nei conflitti ideologici tra forze politiche contrapposte. Il due giugno Mattarella ha citato lo spirito costituente, evocando quasi una sorta di Pentecoste laica, uno spazio condiviso in questa stagione post- ideologica. La cosa nuova, però, è che per la prima volta due leader di partito, uno di maggioranza, l’altro di opposizione, hanno rilasciato interviste sullo stesso tenore. Infatti Zingaretti prima e Berlusconi poi, hanno condiviso e rilanciato le ragioni di una coesione nazionale di fronte all’emergenza sanitaria. Va bene che il dibattito politico italiano ci ha abituato a concetti effimeri e alla volatilità delle parole, più veloce delle più tremule essenze naturali. Tuttavia sbaglieremmo a considerare quelle posizioni solo gesti rituali all’interno di una liturgia buonista. E non è un caso che a pronunciarle siano stati due capi politici non di ultimissima generazione. Perché c’è stato un tempo in cui la politica, seppure in una stagione di massima divaricazione ideologica, è riuscita ad offrire il senso concreto dell’unità di fronte alle emergenze nazionali, riuscendo a garantire un coinvolgimento istituzionale delle opposizioni. Negli anni ‘ 70, infatti, nell’impossibilità di una collaborazione di governo tra Dc e Pci, si riuscì a mantenere un importante dialogo istituzionale tra i due maggiori partiti italiani per impedire che una parte rilevante del Paese rimanesse esclusa dalle scelte rilevanti. Il risultato si raggiunse riportando il Parlamento al centro delle dinamiche politiche nazionali. Ruolo che venne sottolineato anche con il conferimento al più importante partito dell’opposizione la carica di Presidente della Camera dei Deputati. In qualche modo veniva recuperato, se non nella dimensione dell’alleanza di governo ma attraverso il canone del procedimento parlamentare, lo spirito collaborativo dei costituenti ricordato da Mattarella. Che significa dare senso oggi alla collaborazione tra forze politiche rispettandone i ruoli di governo e di opposizione? Significa riportare il Parlamento al centro istituendo, ad esempio, uno spazio di lavoro condiviso sulla falsariga delle Commissioni di controllo e garanzia, come la vigilanza Rai o il Comitato parlamentare per la Sicurezza, che devolvono il ruolo di presidente ad un esponente dell’opposizione. Oggetto del lavoro della nuova Commissione potrebbe essere il programma per la ripresa, che attingerà a provviste importanti dall’Europa col Recovery Fund, e dalle risorse nazionali. Non si tratta di una torsione “consociativistica” per spezzare la simmetria naturale della dialettica tra maggioranza e opposizione. Si tratta di promuovere, nel contesto consentito in questo tempo, quello spirito di collaborazione leale per non sprecare un solo grammo delle risorse che risarciscono gli italiani dopo mesi drammatici. Non devono esserci mance elettorali, non deve trovare spazio la contestazione pregiudiziale che indulge alla piazza per capitalizzare un consenso antagonista. Il delitto oltretutto sarebbe lo spreco di una grande occasione per ripristinare una civiltà della politica.