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Il partito è in fermento, le feste dell’Unità hanno registrato insperata partecipazione e le correnti si muovono, sotterranee, tra i complessi meccanismi congressuali. Le posizioni, però, si sono fatalmente ridotte a due: gli antirenziani con il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, e i renziani ancora senza un candidato. Cosa li divida, lo spiega Stefano Ceccanti: «La volontà o meno di fare un ribaltone parlamentare coi grillini».
Lei come tutti i dirigenti dem è reduce dalle feste dell’Unità. Tutti parlano di un complessivo successo quasi inatteso.
Le racconto un aneddoto. Due settimane fa hanno invitato me e Roberto Giachetti alla festa di Ravenna, per fare un dibattito sulle riforme costituzionali. Abbiamo pensato: noi non abbiamo particolare appeal, il tema non è proprio vivacissimo... Credevamo venissero 10 persone, ci siamo trovati davanti 150- 200 persone.
Come se lo spiega?
Con il fatto che evidentemente c’è una domanda molto forte di punti di riferimento politici, e questo è l’unico partito esistente di opposizione.
Non l’unico, almeno sulla carta.
Però di fatto Forza Italia non fa opposizione, o comunque la fa solo in minima parte, perchè rincorre Salvini da una posizione di debolezza. Quindi, chiunque non si riconosca nelle posizioni della maggioranza gialloverde vede nel Pd un barlume di sensatezza.
Lo stesso Renzi, che sembrava essersi inabissato sotto le macerie del 4 marzo, pare aver ritrovato la verve dei tempi d’oro proprio dai palchi delle feste dell’Unità. Come mai?
Perchè nel Paese esiste una domanda molto forte anti- 5 stelle. Renzi, oggi, è percepito come quello che ha contribuito a non oscurare l’immagine di alternatività del Pd rispetto ai grillini. Di più, se noi oggi possiamo dire che siamo l’unica opposizione politica organizzata è perchè non siamo dipendenti dai 5 Stelle, mentre Forza Italia sembra dipendente da Salvini. Nonostante, me lo faccia dire, la campagna in senso contrario portata avanti da Repubblica.
Repubblica vorrebbe spingervi tra le braccia dei 5 Stelle?
Repubblica individua nella possibilità di un ribaltone parlamentare coi 5 Stelle la linea che dovrebbe assumere il Pd. Eppure nel partito c’è una domanda forte proprio in direzione opposta: nel nostro piccolo, il sito di Libertà eguale ha avuto un boom di visualizzazioni proprio quando ha pubblicato un articolo di Alberto de Bernardi contro questa strada tracciata dal quotidiano di Scalfari.
Intanto, però, nel Pd si respira aria precongressuale e le correnti interne si stanno posizionando.
Io vedo due grandi aree opposte. Una è l’ala che si rifà, pur in parte negandolo, allo schema- Repubblica e cioè al ribaltone coi 5 Stelle. Loro hanno un candidato che si chiama Nicola Zingaretti, la cui candidatura esprime la sua forza nel puntare ad un ritorno al profilo di sinistra tradizionale, compatibile con un accordo coi grillini che si svincolano dalla Lega. L’altra ala, la mia, è quella che ritiene necessario avere un profilo assolutamente alternativo ai 5 Stelle, perchè la loro linea non è meno sbagliata di quella della Lega. Noi dell’area più liberal, però, al momento non abbiamo un successore naturale di Renzi.
E l’ex segretario non tornerà sui suoi passi?
No, il candidato non può essere lui. Renzi ha avuto una sua fase che oggi non è più ripetibile e noi riconosciamo che, nonostante gli errori, lui abbia fatto qualcosa di fondamentale: ha rifiutato la subalternità coi 5 Stelle. È stato criticato, ma io ritengo che questo sia un punto di partenza alto, perchè corrisponde a ciò che pensa una larga maggioranza della base del Pd. Tant’è che quelli che sostengono la linea opposta non hanno il coraggio di teorizzarla fino in fondo, ma preferiscono il dire e non dire.
Quindi sarà un congresso sulla possibile alleanza futura coi 5 Stelle?
A me sembra evidente che, di fondo, ci sia una parte del gruppo dirigente del Pd che teorizza una via semplice, che consiste nello scomporre la maggioranza parlamentare e fare asse coi 5 Stelle in vista di un ribaltone. Io penso che questa linea sia sbagliata. Anzitutto perchè è aleatorio immaginare che la maggioranza si sfaldi, visto che Casaleggio e i leghisti condividono molte posizioni, e penso alla retorica dell’antiimmigrazione e all’euroscetticismo. Poi perchè per inseguire i 5 Stelle dovremmo recuperare le posizioni di una vecchia sinistra un po’ confusa che rispolvera la decrescita felice, posizione che mal si sposa con la nostra idea di crescita inclusiva. Insomma, ci collocheremmo in posizione di subalternità politico- culturale nei confronti dei 5 stelle.
E l’area renziana cosa oppone? La vocazione maggioritaria sembra un lontano ricordo.
Mi rendo conto che pensare di tornare a un partito a vocazione maggioritaria può sembrare velleitario in questa fase. Però ricordo che un certo Salvini ha preso in mano un partito che stava al 4% e ora governa. Non è detto che gli obiettivi elevati di lungo termine siano di per sé impossibili.
Eppure sotto accusa di una parte del suo partito è finito lo statuto, che si impernia proprio su questo e sullo strumento delle primarie.
Questo è il cuore di un problema politico. Una parte del partito immagina di avere una regressione proporzionale, con il Pd che fa il partner di minoranza dei 5 Stelle: allora ridimensioniamo le aspettative, facciamo eleggere il segretario solo dagli iscritti e torniamo a un approccio più tradizionale. Io non sono affatto convinto che questa sia la strada e ribadisco lo schema del partito a vocazione maggioritaria, con gli elettori che scelgono una leadership che valga sia per l’interno che per l’esterno.
Al dato pratico, il congresso si terrà prima o dopo le europee?
Ci sono pro e contro. Il pro di fare il congresso prima è di andare alle europee con un profilo più chiaro e questo può aiutare anche a fini elettorali. Io preferisco questa argomentazione ma prendo sul serio la posizione di chi è per lo spostamento a dopo, perchè chiunque vinca il congresso dovrà iniziare il mandato facendo i conti con il paragone del risultato irripetibile delle scorse europee. Io voglio il congresso prima, ma per farlo l’area liberal deve esprimere un candidato.
Vede rischi di scissione?
No, perchè non esiste alcun incentivo alla rottura. Nella nostra maggioranza parlamentare ci potranno essere momenti di lacerazione forte quando e se ci saranno gli estremi di un ribaltone parlamentare che, almeno fino alle europee e dunque fino al congresso, non si creeranno.
Il congresso sta dividendo anche il gruppo parlamentare?
Fino ad ora la nostra opposizione è stata coesa sugli unici due atti che, al netto dei proclami, il governo ha portato in Parlamento, e cioè il decreto Dignità e il Milleproroghe. Sul Milleproroghe, del resto, l’Esecutivo ha trovato punti di equilibrio folli: la scelta sui vaccini non tiene nè dal punto di vista tecnico nè da quello politico; sulle periferie ha inventato un taglio pasticciato che toglie fondi ai comuni di centrosinistra per darli a quelli di centrodestra. Questioni sulle quali non potevamo che rimanere coesi.