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Il presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati Giuseppe Santalucia
Dall’affaire Nordio alla stabilizzazione dei magistrati onorari passando per libertà di informazione e il trojan: intervista al Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Giuseppe Santalucia.
Nordio ha allertato il Parlamento a non essere supino nei confronti pm.
Parlare di Parlamento supino ai pm credo sia un fuor d’opera. È una espressione infelice che vuole rievocare un passato di contrasto tra politica e magistratura che noi vogliamo superare per concentrarci sui reali problemi della giustizia. Tornare ad evocare i fantasmi di questa opposizione non fa bene.
Il Ministro ha diffidato anche dei pm antimafia perché vedono mafia dappertutto.
Non ho compreso l’espressione del ministro. Abbiamo una magistratura inquirente, specie sul versante di contrasto alla mafia e al terrorismo, di elevata qualità professionale. In comparazione con le altre magistrature abbiamo riconoscimenti anche a livello sovranazionale; anche perché in particolare in Italia ci siamo purtroppo dovuti confrontare con un contrasto decennale contro questi fenomeni e abbiamo acquisito un tasso di professionalità elevatissimo. Dire che i pm vedono la mafia dappertutto equivale a dire che non sanno leggere i fenomeni criminali in maniera corretta. E questo è francamente inaccettabile.
Un’altra espressione per molti infelice è quando Nordio ha detto che un mafioso vero non parla al telefono.
Già altri si sono incaricati di contrastare la fallacia di questa affermazione proprio in occasione della cattura di Matteo Messina Denaro. I fatti che abbiamo constatato dimostrano che quella dichiarazione non ha colto nel segno.
Si dice che la premier Meloni tema queste uscite di Nordio perché potrebbe esasperare i rapporti con la magistratura.
Il Ministro dovrebbe dismettere il tono polemico. Non abbiamo bisogno di tornare al contrasto pregiudiziale. Misuriamoci sui fatti e sui reali problemi. Siamo pronti a dialogare.
L’unica preoccupazione sembrano le intercettazioni. La giustizia ha altre priorità?
Ce ne sono molte, a partire dai suicidi in carcere.
Il caso Cospito rimette in discussione il 41 bis.
Non mi esprimo sui casi specifici. Il 41 bis mi rendo conto che è un terreno delicatissimo ma per quanto di estremo rigore è una misura controllata giurisdizionalmente, anche nei decreti applicativi e di proroga.
Ma molte volte è stata afflittiva oltre lo scopo prefissato.
Sulle misure inutilmente afflittive è intervenuta più la Corte Costituzionale anche sollecitata dalla Corte di Cassazione.
Un accordo all’ultimo minuto tra i partiti per eleggere i membri laici del Csm non le sembra una circostanza non all’altezza del rinnovamento richiesto?
Non ho questa impressione. Il Parlamento deve eleggere con maggioranze qualificate quindi delle intese tra forze politiche sono più che fisiologiche. Il fatto che tutto si sia consumato in una giornata non vuol dire che non ci sia stata una valutazione adeguata dei profili.
Il Ministro Piantedosi a La Stampa ha detto: “Lo Stato ha ingaggiato una guerra contro la mafia che non può concedere al nemico dei vantaggi. Alla luce di questo vanno effettuate anche le valutazioni di ordine costituzionale”.
Il contrasto del crimine, anche quello mafioso, va fatto nel pieno rispetto dei principi costituzionali. Non ci deve essere una deroga ad essi né nel momento della repressione né in quello del trattamento penitenziario. Questo credo sia il faro a cui tutti debbano ispirarsi: da noi non è previsto un diritto penale o penitenziario del nemico.
Secondo lei la cattura di Matteo Messina Denaro è stata frutto di una trattativa?
Io mi affido a quello che dicono gli organi istituzionali e i magistrati che hanno coordinato le indagini. Trattative e consegne pilotate credo siano fuori dalla realtà.
Modifica della riforma Cartabia: procedibilità d'ufficio per tutti i reati nei casi in cui ricorre l'aggravante mafiosa o di terrorismo. Scelta giusta?
Le modifiche danno risposta a questioni emerse nella prassi applicativa. La scelta di intervenire subito non significa che non si possa intervenire anche in futuro su altri aspetti.
Quali ad esempio?
Bisogna verificare prima quello che suggerisce la prassi.
L’onorevole di Azione Enrico Costa ha detto: “È vero che le intercettazioni devono essere conservate nell’archivio riservato, ma è anche vero che, ad indagini aperte, sono pubblicabili “alla lettera” le ordinanze di custodia cautelare, centinaia di pagine riempite, apposta, di testi di intercettazioni”. Se la maggioranza fa sul serio sostenga la nostra proposta di legge che garantisce il diritto di cronaca (pubblicazione del contenuto) ma non consente che “tomi” di centinaia di pagine di atti di indagini finiscano sui giornali”.
Vi è una precisa disposizione del codice di procedura penale che impone di riportare nelle ordinanze cautelari, sempre che sia necessario, soltanto i brani essenziali delle conversazioni intercettate. Si è prevista la pubblicabilità delle ordinanze cautelari in risposta ad un preciso bisogno di informazione dell'opinione pubblica, non certo per veicolare indebitamente notizie della vita privata delle persone.
Cosa le arriva dai territori da parte dei suoi colleghi rispetto alle riforme?
Ci sono paure giustificate e si sta studiando molto la riforma. Ci sono aspetti che potrebbero appesantire le procedure. Quello che possiamo chiedere è una attenzione costante del Ministero per un forte sostegno agli Uffici giudiziari, specie nella contingente difficoltà segnata da una carenza di organico di circa 2000 unità.
Paolo Reale, Osservatorio nazionale di informatica forense: “Coi trojan si possono creare anche prove del tutto tarocche”.
È uno strumento invasivo che va usato con cautela ma è necessario. Il fatto che possano esserci usi patologici non può portare ad una limitazione. Non sottovalutiamo i pericoli ma poi se ci sono degli abusi il Ministro è il primo soggetto che può intervenire.
Finalmente la legge Cartabia del 2021 ha stabilizzato la magistratura onoraria di lungo corso, quella che lei ha definito più volte indispensabile e professionalizzata. Oggi, quindi, questi magistrati sono diventati pubblici dipendenti. Lei cosa ne pensa?
La stabilizzazione nel ruolo di magistrati onorari è stata una misura necessitata dal fatto che il potere politico non aveva mai affrontato una sistemazione organica della magistratura onoraria in tanti anni, provvedendo di volta in volta a proroghe annuali. Dopo tanti di anni di proroghe il problema è stato affrontato in un modo che anche all’Anm è sembrato ragionevole, ovvero di sottrarre alla precarietà solo quei magistrati che erano in servizio e che hanno subito queste continue proroghe e stabilizzarli come magistrati onorari. È una soluzione che abbiamo condiviso. Il rapido completamento delle procedure di stabilizzazione può concorrere in questo momento di difficoltà della magistratura ordinaria per le carenze di organico a rendere maggiormente gestibile i carichi di lavoro che oggi gravano sulla giurisdizione.
La commissione europea ha stabilito che la retribuzione ed i diritti previdenziali ed assistenziali di questi magistrati onorari “professionalizzati”, per usare un suo termine, devono essere propri della funzione giurisdizionale espletata, per il ripristino dello Stato di diritto, così bocciando l’impianto della riforma Orlando. Lei cosa ne pensa?
La premessa è che sono stati stabilizzati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie che competono ai magistrati onorari. Bisogna tener conto che le funzioni giudiziarie anche onorarie sono diverse da quelle amministrative e quindi meritano una considerazione autonoma anche per tutto quello che riguarda gli aspetti retributivi e di status.