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«È una storia molto banale, è la solita storia di trucchi e trucchetti della politica. Sono giochetti all’ordine del giorno sia nel Parlamento italiano che in quello europeo. Purtroppo». Il professore Massimo Cacciari non sembra affatto stupito dall’affaire rimborsopoli che in queste ore agita i sonni del Movimento 5 Stelle. Tutto normale. Tutto già visto fin dai tempi della Prima Repubblica, altro che diversità genetica del partito dell’onestà. «È evidente che anche loro, i grillini, sono sempre meno diversi dagli altri».
Professore, questo piccolo scandalo influirà sul risultato elettorale?
Pochissimo, è evidente. Certamente non si sono rafforzati, ma se non ha influito sul voto ciò che è successo a Roma e a Torino significa che questa storia avrà uno scarsissimo peso elettorale. Perché non c’è una vera alternativa. Queste notizie influiscono sul voto quando dall’altra parte c’è una forza alternativa e credibile. Quando gli altri stanno come te o peggio non influisce niente. L’acqua non va nell’altro vaso.
E su cosa si basa la credibilità del Movimento 5 Stelle?
Sul fatto che si tratta di una minestra non ancora assaggiata, c’è poco da fare, questo è il loro grande vantaggio. Di tutti gli altri si conosce il sapore e hanno fatto più o meno schifo. È un calcolo delle probabilità, se vogliamo: dopo aver provato Berlusconi, Prodi, D’Alema e Renzi perché non provare Di Maio?
Il mito del partito dell’onestà resta in piedi?
Sono stati coinvolti da scandali sempre meno degli altri partiti, è tutto relativo. Bene o male sono più giovani anche da questo punto di vista. Credo che sul voto potrebbe influire altro, come è accaduto in Francia e Germania: l’affidabilità. I 5 Stelle possono essere penalizzati non dagli scandali ma dal fatto che la gente, in una situazione di difficoltà e paura, decida di evitare un’avventura rischiosa. Solo un ragionamento di questo genere può essere dannoso per i grillini. E credo sia un ragionamento molto diffuso.
Lei però prima citava il caso Roma come simbolo d’inesperienza o incapacità. Eppure sembra che gli elettori considerino l’incompetenza un peccato perdonabile...
Questo è gravissimo. Nel caso dei 5 Stelle l’incapacità si trasforma addirittura in una virtù. Ha toccato il punto più pesante, che però riguarda tutti i partiti. La dimensione competenza è ritenuta non dico accidentale, ma sicuramente secondaria. Questo è un dramma culturale e politico italiano, in cui la stampa ha enormi responsabilità. Perché i media stanno recuperando il valore della competenza, e non solo dell’onestà, solo nell’ultimo periodo. Per trent’anni tutti i mezzi d’informazione hanno insistito su una gerarchia di valori assurda. Primo: l’onestà. Secondo: meglio che a fare politica non siano i politici. Il solo fatto di aver esercitato il potere genera sospetto. Per cui tutti i partiti vanno a caccia del magistrato e della figura al di sopra di delle parti. E le competenze specifiche per fare i ministri, gli assessori o i sindaci passano in secondo piano. Tutta la retorica sulla casta ha indebolito la politica in modo forse irrimediabile.
Il cittadino al potere è dannoso?
E sì che è un danno, la politica ne esce con le ossa rotte.
Gli altri partiti invece di differenziarsi inseguono. Come giudica l’iniziale tentennamento del Pd sull’immigrazione dopo i fatti di Macerata?
Devono cercare di dare un colpo al cerchio e uno alla botte. La posizione che ha assunto il Pd in materia di immigrazione è questa: da un lato seguire l’andazzo generale, fatto di allarmismi sulla difesa della nostra civiltà, e dall’altro provare a distinguersi comunque dai vari Salvini. È una posizione di mediocre medietas che durerà per tutta la campagna elettorale e poi speriamo cambi.
La sinistra rinfaccia al Pd le politiche del ministro Minniti in materia di immigrazione...
Infatti, non è un caso che la lista di Emma Bonino stia crescendo, proprio perché si differenzia da Minniti. Bonino prende voti esclusivamente al Partito democratico. E per fortuna che c’è lei, altrimenti sarebbero stati voti completamente persi.
Bonino intercetta voti che il Pd non prenderebbe?
Stiamo parlando di piccole cifre, sposta poco ma in modo significativo. Senza Bonino sicuramente il Pd, sbandierando solo Minniti, avrebbe perso almeno un altro 1,5 per cento di consensi. Io sento tantissime persone che hanno deciso di votare il Pd solo perché hanno la possibilità di premiare Bonino.
La conclusione inevitabile della partita elettorale sarà un Nazareno bis?
È molto difficile, sarebbe una specie di golpe. Soprattutto per Berlusconi che il 5 marzo dovrebbe rompere la coalizione e andare col Pd. Ma non è mica una passeggiata neanche per Renzi, perché c’è ancora una componente significativa di elettorato che non ha alcuna intenzione di fare accordi con Berlusconi. Renzi dovrebbe a quel punto scontare una nuova scissione: Orlando e Cuperlo non resterebbero più in quel partito. L’ex premier deve decidere cosa fare da grande, se vuole fare il Macron lo faccia, ma finiamola con questo equivoco che il segretario rappresenti anche la socialdemocrazia, il socialismo, il sol dell’avvenir.
Ha ancora la forza per fare il Macron?
Forse è un po’ tardi, doveva pensarci prima. Le due anime del Pd avrebbero dovuto separarsi consensualmente quattro anno fa per poi allearsi al governo. Ma si sono ostinati a stare insieme a lungo, non hanno voluto seguire la ragione. E quando non segui la ragione o hai culo o finisci male.
Quindi che tipo di governo immagina?
L’esito più probabile è un governo di centrodestra secco. Se continuano così, vincono di sicuro.
Avranno i numeri senza aiuti esterni?
Se mancano quindici o venti parlamentari Berlusconi ci mette un giorno a trovarli.