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Non c’è nulla che all’opinione pubblica appaia più astruso e incomprensibile della discussione sulla legge elettorale. Ma niente è più importante, decisivo e perfino vitale per leader partiti e movimenti politici della discussione sulla legge elettorale. Entro questi due guard- rail si snoda l’insieme di manovre, sgambetti, alleanze, dissidi, convenienze, che lastrica la strada del provvedimento. Ben sapendo altre due cose. Che il confronto sulle regole del gioco non è mai avulso dal momento storico nel quale si svolge e dunque non esiste sistema elettorale “neutro”. E che il meccanismo di voto è intimamente connesso con gli equilibri di governo: quelli esistenti, quelli inseguiti e quelli semplicemente vagheggiati.
Pure stavolta la legge elettorale è un tackle a gamba tesa sul quadro politico. Per molti ( compreso chi scrive) il sistema migliore per l’Italia è il francese a doppio turno. Una trasposizione light è in vigore per i Comuni, con annessa la scelta diretta del sindaco. Per applicarla a tutto il Paese bisognerebbe perciò prevedere l’elezione diretta del capo dello Stato e cambiare la Costituzione. Il taglio dei parlamentari dimostra che si può fare rapidamente. Al contempo dimostra che è possibile solo se esiste una forte intesa nella maggioranza. Nella coalizione giallorossa tale intesa sul modello francese non c’è. Mentre la liaison esiste sul ritorno al proporzionale con sbarramento.
Tuttavia fuori della maggioranza, dalla Lega a FdI ma quel che conta soprattutto in strati corposi del Pd, alligna un rifiuto del proporzionale. Né sono pochi i costituzionalisti, a partire da Paolo Armaroli che scrive su queste colonne, decisamente contrari.
Ricapitolando. Se si procede sulla strada del proporzionale, l’intesa Pd- M5S si rafforza ma si torna ad uno scenario politico dove i partiti la fanno da padroni: prendono i voti e poi decidono successivamente le alleanze. Scontando l’inevitabile instabilità, il fatto che i partiti sono ridotti allo stato larvale, che Rousseau impazza e che resterebbe la contraddizione con un quadro nazionale scelto in un modo e le amministrazioni locali in un altro. Se si procede sul modello semipresidenziale, si deve cambiare la Costituzione, si terremota il governo in carica ma si blinda l’alleanza giallorossa al centro ed in periferia. Alzi la mano chi considera tutto questo neutro, oppure né di destra né di sinistra.