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Se servono tre indizi per fare una prova, due già ci sono a certificare lo scontro sotterraneo sui migranti tra Vaticano e Lega.
Il primo, il fatto ormai noto che il segretario del Carroccio, Matteo Salvini, ormai da mesi cerchi senza esito di ottenere un colloquio con Papa Francesco.
Il secondo, che ieri campasse in prima pagina sull’Osservatore Romano il titolo “Dirottatori per necessità”, riferito ai migranti che hanno dirottato verso Malta la petroliera che li aveva soccorsi e voleva riportarli in Libia. Gli stessi migranti oggetto dell’esplosione verbale di Salvini: «Lo dico ai pirati: l'Italia scordatevela. È un atto di delinquenza, di criminalità organizzata. Le acque italiane sono precluse ai criminali» .
Formalmente, il Pontefice ha potuto trincerarsi dietro l’etichetta per negare l’incontro a Salvini: da protocollo, infatti, un capo di stato non incontra ministri stranieri. E’ facile, tuttavia, intuire una valenza più politica dietro il rifiuto.
Secondo il quotidiano Il Giorno, papa Francesco non sarebbe contrario in via di principio ad un colloquio, ma sa che la sua portata - amplificata dall’uso dei social del vicepremier del Carroccio - potrebbe essere letta come implicito placet vaticano alle politiche sui migranti. Proprio il contrario di ciò che auspica il Pontefice, che in più di un’occasione ha affrontato il tema dell’accoglienza e delle mingrazioni. E’ di pochi giorni fa la battuta di Francesco a un giornalista spagnolo che gli chiedeva cosa pensasse del sequestro delle navi delle Ong: «Tenere ferma la nave è un’ingiustizia. Perché lo fanno? Per farli annegare?». Francesco ha parlato spesso di migranti e le sue parole non hanno mai lasciato dubbi sulla linea: «I criteri sono in quello che ho detto: accogliere, accompagnare, promuovere, integrare», ha detto a giugno scorso, aggiungendo che «Non è umano chiudere le porte, non è umano chiudere il cuore e alla lunga questo si paga, si paga politicamente, come anche si paga politicamente una imprudenza nei calcoli e ricevere più di quelli che si possono integrare». Eppure, il corteggiamento della Lega a Papa Francesco è continua e serrata, condotta con sapienza dal deus ex machina Giancarlo Giorgetti. I margini per un incontro ci sarebbero - è quanto trapela dal Vaticano - ma Salvini dovrebbe prima mitigare l’approccio incendiario, scegliendo strade più moderate di cui lo stesso Francesco ha più volte indicato il tracciato: ognuno accolga «per quanto può», con «prudenza».
Se questo diventasse l’approccio del governo, il Pontefice potrebbe sciogliere la riserva e sbloccare le procedure per un cordiale colloquio - forse anche con un selfie finale- con Matteo Salvini. Lo stesso che questo fine settimana sarà a Verona al Forum Mondiale delle Famiglie, di cui il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato di papa Bergoglio, ha detto di «condividere la sostanza», anche se «non le modalità».
Del resto, quello della Lega ai mondi cattolici conservatori è un avvicinamento iniziato mesi fa, col Carroccio che punta ad attestarsi come punto di riferimento, facendosi tutore dei valori della famiglia “tradizionale”, antiabortista ( è stato presentato un disegno di legge alla Camera sottoscritto da 50 leghisti, che propone di «riconoscere “soggettività giuridica al concepito” al fine dell'adozione e di mettere in relazione già al momento della gravidanza la famiglia del concepito con quella che potrebbe adottarlo» ) e anti- gay.
Eppure, manca ancora il suggello dell’incontro con Francesco, che mediaticamente darebbe ulteriore carica al leader del Carroccio, che così si attesterebbe come figura ancora più centrale nel governo, contro lo spaesato Luigi Di Maio e l’evanescente premier Giuseppe Conte. Per farlo però fanno sapere i silenziosi messi vaticani - non ci sarebbe altra strada che smorzare l’intransigenza del “prima gli italiani, senza se e senza ma”. Ora la palla torna nel campo di Salvini, che deve decidere: puntare sul filone “cattolico” della difesa della famiglia, oppure continuare col pugno di ferro sull’immigrazione, che tanto gli ha già restituito a livello di consenso personale ed elettorale.
Fino ad ora, Salvini ha dimostrato fiuto politico nella scelta dell’agenda: se percorresse via della Conciliazione, il cambio di rotta sui migranti potrebbe non essere lontano.