Il prossimo 8 gennaio il plenum del Consiglio Superiore della Magistratura si riunirà per discutere della riforma costituzionale per la separazione delle carriere, il doppio Csm e l’Alta Corte disciplinare. Si prevede una bocciatura della stessa, essendo tutti i togati, insieme ai laici eletti in quota opposizione, compatti contro l’approvazione. Esistono però al momento una proposta A - dei togati Antonello Cosentino, Roberto D’Auria, Roberto Fontana, Eligio Paolini, e del laico in quota Pd Roberto Romboli - e una proposta B del laico in quota Fratelli d’Italia Felice Giuffrè.

Quella che passerà verrà inviata al Ministro Nordio. Dunque anche a Palazzo Bachelet si ripropone lo schema che vede contrapposti da un lato i magistrati e la sinistra e dall’altro il centro destra. Nella prima proposta, tra l’altro si legge, che «impostare la questione della separazione delle carriere in termini di necessità costituzionale – o anche di stringente opportunità – rischi di veicolare l’idea per cui la magistratura giudicante presenta, oggi, deficit di terzietà e di imparzialità: un’idea che, tuttavia, non sembra trovare riscontro nell’esperienza concreta, sol che si pensi che, come da più parti osservato, in più del 40% dei casi le decisioni giudiziarie non confermano l’ipotesi formulata dalla pubblica accusa con l’esercizio dell’azione penale». Inoltre, quanto scritto nella riforma («La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere», ndr) «non elimina totalmente il rischio che, nel concreto sviluppo della dinamica ordinamentale, si possa determinare un affievolimento dell’indipendenza del pubblico ministero rispetto agli altri poteri dello Stato».

Il pericolo poi è che con lo sdoppiamento del potere giudiziario, «si avrebbe un potere “inquisitorio” scisso dalla tipica funzione giudiziaria di tutela dei diritti fondamentali». Poi la critica al fatto che la modifica costituzionale preveda il sorteggio temperato per i membri laici dei due Csm e quello secco per i togati: «non è dato comprendere perché la medesima logica ( sorteggio puro, ndr) non debba applicarsi alla componente di nomina parlamentare: anche per gli avvocati con quindici anni di esercizio e per i professori ordinari di università in materie giuridiche dovrebbe, in altri termini, potersi ritenere che il mero possesso del rispettivo titolo renda superfluo il ricorso a una selezione su base elettiva, dovendosi presumere che ciascuno dei soggetti che posseggono tali requisiti possa adeguatamente svolgere anche la funzione di consigliere».

Secondo la proposta B, invece, «non è possibile garantire pienamente i principi del giusto processo (art. 111 Cost.) senza una coerente struttura ordinamentale della pubblica accusa, della difesa e della magistratura giudicante». In una «liberal-democrazia» «la magistratura requirente - anch’essa autonoma e indipendente secondo il disegno di riforma in discussione - è portatrice di ipotesi accusatorie, che andranno convalidate in dibattimento con parità di armi e nel confronto paritario con la difesa» in una «dinamica ordinamentale e processuale di tipo triangolare: un triangolo isoscele al cui vertice sta il giudice, il quale fronteggia da una posizione di neutralità l’accusa pubblica e la difesa».

Si respinge poi l’idea di un pubblico ministero troppo potente: «l’idea che un corpo di magistrati requirenti autonomi rappresenti “il potere dello Stato più forte che si sia mai avuto in alcun ordinamento costituzionale dell’epoca contemporanea” ( A. Pizzorusso, La Costituzione ferita, Laterza, Roma- Bari, 1999, p. 149) non sembra considerare le garanzie costituzionali e legislative che già oggi regolano il profilo ordinamentale e processuale del pubblico ministero. Anche i magistrati requirenti sono, infatti, tenuti al rispetto della Costituzione, delle leggi e dei limiti rappresentati dalle prerogative degli altri Poteri dello Stato».

Inoltre, «l’organo di autogoverno della magistratura requirente continuerà ad essere presieduto dal Presidente della Repubblica, così assicurando, attraverso lo sperimentato meccanismo della c. d. “eteropresidenza”, quelle garanzie di autonomia e di indipendenza verso l’interno e verso l’esterno, ma anche di equilibrio rispetto alla magistratura giudicante e agli altri Poteri dello Stato».

Per quanto riguarda il sorteggio dei membri togati dei due futuri Csm, che la riforma appunto prevede come puro, Giuffrè scrive tuttavia che «pur nella consapevolezza di impedire per il futuro ogni forma di degenerazione “correntizia”, potrebbe essere opportunamente valutata la previsione del c. d. sorteggio temperato per la selezione della componente togata, sia nell’uno che nell’altro organo di autogoverno nella magistratura (giudicante e requirente). In questo senso si potrebbe prevedere un preventivo sorteggio tra tutti i magistrati (magari a partire da quelli in possesso della terza valutazione di professionalità)».