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Nella foto, da sinistra verso destra: Bruti Liberati, Violante e Di Pietro
Ormai le posizioni sul ddl costituzionale per la separazione delle carriere sono chiarissime, dopo l’incontro di mercoledì scorso tra la premier Giorgia Meloni e l’Anm. L’obiettivo del governo è chiudere la partita quanto prima, senza alcuna modifica in sede parlamentare. Tale elemento sarà anche l’oggetto della riunione di domani del “parlamentino” del sindacato delle toghe che, preso atto della chiusura di Palazzo Chigi e via Arenula, dovrà adesso intensificare la campagna comunicativa in vista del referendum, che si terrà probabilmente nella primavera 2026.
Comunque ieri sono proseguite le audizioni in commissione Affari costituzionali del Senato. Erano state già fissate, prima ancora del faccia a faccia del 5 marzo. Davanti ai parlamentari e al presidente Alberto Balboni hanno sfilato alcune tra le figure di maggior rilievo della giustizia negli ultimi trentacinque anni: Luciano Violante, Edmondo Bruti Liberati e Antonio Di Pietro. I quali hanno manifestato opinioni assai diverse. Il primo a parlare è stato l’ex presidente della Camera Luciano Violante: «Non credo che questa riforma migliori il sistema giustizia, non risolve i vuoti di organico e delle risorse materiali, se pensiamo che in alcuni tribunali manca anche la carta per le fotocopie. Né riesce a intervenire sulla lentezza dei processi».
Secondo Violante l’obiettivo reale è quello di «un riequilibrio dei poteri tra politica e giurisdizioni. La proposta della separazione viene da lontano e allora aveva un senso, ma credo che dopo la riforma Cartabia occorrerebbe un supplemento di riflessione. La riforma istituisce un corpo investigativo speciale composto da circa 1.500 magistrati, autogovernato, privo di vincoli gerarchici, che conferma e aggrava il sovra- potere della magistratura inquirente sulla società e sulla politica».
Inoltre, per l’ex magistrato, «la riforma si rivolge solo alla giurisdizione ordinaria. Va ricordato che 28 magistrati sono stati uccisi, e la maggior parte erano pubblici ministeri». A proposito dei pm, Violante ha ricordato quanto detto da Nordio nella sua relazione al Parlamento, ossia che “nel sistema attuale il pm è già un superpoliziotto, con l’aggravante che, godendo delle stesse garanzie del giudice, egli esercita un potere immenso senza alcuna reale responsabilità. Oggi infatti il pm non solo dirige le indagini, ma addirittura le crea, attraverso la cosiddetta clonazione del fascicolo”.
Per Violante allora «questa riforma non raggiungerà lo scopo: aumenterà il potere della magistratura requirente, e il pm diverrà un organo inquisitorio. Non dimentichiamo che ci sono già state condanne per chi ha nascosto prove a favore dell’imputato». L’ex presidente della Camera ha poi rilevato una contraddizione, e ha citato anche il ddl Sicurezza: «A ogni nuova ipotesi di reato corrisponde sicuramente un aumento dei poteri di intromissione dei pm nella vita civile, politica ed economica del Paese. Per questa legislatura i dati oscillano tra i 30 ei 49 nuovi reati. Il solo ddl Sicurezza prevede 16 nuove figure di reato, più un certo numero di circostanze aggravanti che potenziano i poteri di intromissione del pm. Mi chiedo se non vi sia una contraddizione tra la denuncia di un ruolo eccessivo dei pm e l’aumento di questo potere d’intervento».
Ma non è mancata, nell’audizione di Violante in Senato, una critica allo sciopero delle toghe: «Tu magistrato non puoi scendere in piazza perché la gente deve avere fiducia in te, tutta la gente, non solo quelli che stanno dalla tua parte». Sul sorteggio ha concluso: «È abbastanza singolare come previsione: mi chiedo se sia rispettato il principio di eguaglianza con le altre istituzioni. E il sorteggiato apparterrà comunque a una corrente».
Poi è intervenuto l’ex pm di Mani pulite e già leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro, indicato da FdI: «Ho sentito in questi giorni, anche tra chi ha fatto sciopero, che la riforma mina l’indipendenza soprattutto della magistratura requirente. Ma leggendo l’articolo 104 non è vero. Certo, domani la magistratura requirente potrebbe avere troppo potere, e allora il politico lo rivaluterà, ma per farlo bisognerà modificare la Costituzione, e quando e se ci sarà quel tentativo di modifica sarò il primo a oppormi. Ma al momento questo non c’è scritto». Ha proseguito: «Condivido la critica di Violante per cui la riforma riguardi solo la magistratura ordinaria e non quella amministrativa e contabile. La si sarebbe potuta far meglio, ma se si ragiona sempre così allora non si fa mai nulla. Si dice no al sorteggio? Ma quale sarebbe l’alternativa? Le cose, per come stanno, non hanno funzionato: Palamara docet. Il correntismo ha rovinato la credibilità della magistratura». Ha poi espresso piena approvazione per la riforma: «È una conseguenza naturale di quella che fu la riforma del processo penale. È vero che non risolve i problemi della giustizia, ma risolve quello che aveva previsto il legislatore con il sistema accusatorio».
Di Pietro ha ammesso: «L’accusa non cerca mai le prove per la difesa, ben venga che ci sia un organo separato su cui interviene l’Alta Corte disciplinare». Ha proseguito: «Il governo ha sbagliato a metterci il cappello sopra: non voglio che sembri che io dia ragione al governo, voglio però riconoscere una ragione organizzativa». Ha concluso rivolgendosi all’associazione presieduta da Cesare Parodi: «L’Anm fa bene il proprio lavoro ma sbaglia quando va oltre, ad esempio con lo sciopero, per opporsi a quello che fa il Parlamento».
È stata quindi la volta di Edmondo Bruti Liberati, già procuratore di Milano: «Il Csm viene ridotto all’irrilevanza. Eppure è stato un modello per le realtà che hanno riconquistato la democrazia come la Spagna, il Portogallo, gli Stati dell’Europa dell’Est dopo la caduta del Muro». L’ex togato Csm ha proseguito: «Non ho dubbi sull’onestà dei fautori della riforma, ma le istituzioni hanno una loro logica intrinseca che prescinde dal legislatore: ho letto adesso le dichiarazioni di Sisto all’Ansa per cui ‘ se poi qualcuno vuole strumentalmente evocare fantasmi e inventare il ’ lupo cattivo è libero di farlo’, ma evocare la sottoposizione del pm all’Esecutivo non significa affatto evocare un fantasma».
Bruti Liberati ha poi concluso: «Si vuol ridurre il magistrato a bocca della legge, a un essere inanimato. Ma i magistrati sono come tutti gli altri: votano. E secondo le più elementari statistiche, oggi le toghe azzurre- nero- verdi sono in maggioranza rispetto a quelle giallo- rosso, perché i magistrati uomini e donne votano come tutti gli altri. Sarebbe il caso di abolire la citazione delle toghe rosse ogni volta che vi sia un provvedimento che non viene gradito».