Mercoledì la Commissione Affari Costituzionali del Senato inizierà la discussione sul ddl costituzionale per la separazione delle carriere, approvato il 16 gennaio alla Camera. Ci sarà la relazione del presidente e relatore Alberto Balboni, poi si stabilirà il termine per la presentazione degli emendamenti.

Già domani invece l’ufficio di presidenza potrebbe decidere se effettuare delle audizioni. L’intenzione della maggioranza e del governo fino a qualche giorno fa era quella di approvare nel minor tempo possibile il testo già passato a Montecitorio senza alcuna modifica, con tutta l’opposizione sul piede di guerra. Ma ora potrebbero aprirsi altri scenari.

Partiamo da tre aperture al dialogo arrivate dai massimi vertici istituzionali. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sabato, a ridosso delle proteste dell’Anm nei distretti di Corte di Appello, ha ribadito: «Quando ci si confronta, poi dei punti di contatto si trovano». Poi il Presidente del Senato Ignazio La Russa: «Le posizioni possono essere diverse e divergenti ma devono trovare una sintesi in un confronto serio».

Lo stesso sottosegretario Alfredo Mantovano, intervenuto all’inaugurazione dell’Anno giudiziario nella Corte di Appello di Roma, a un certo punto, ricordando un incontro in cui il ministro Nordio illustrò all’Anm il testo della riforma prima che finisse sul tavolo del Cdm, ha sostenuto: «Il Presidente dell’Anm disse che “tutta la magistratura associata in tutte le sue componenti è contraria alla riforma. Non si tratta di fare una trattativa di tipo sindacale”». Da qui però l’invito a sedersi ad un tavolo di confronto: «Mi permetto di chiedere alla magistratura italiana di non rifiutare l’invito al confronto, che ribadisco in questa sede a nome dell’intero governo».

Il fatto che Mantovano abbia direttamente citato nel suo discorso Santalucia, a differenza di altri suoi interventi privi di riferimenti personalistici, potrebbe indurre a pensare che se al vertice dell’Anm arrivasse un presidente meno oppositivo e intransigente di quello uscente si potrebbe riaprire la partita. Soprattutto se venisse eletto un rappresentante della corrente più moderata e vicina al Sottosegretario, quella di Magistratura Indipendente, a cui è stato iscritto per anni anche il Guardasigilli.

Questo lo scopriremo molto probabilmente l’8 febbraio, quando si riunirà il “parlamentino” dell’Anm di cui conosceremo domani la nuova composizione e che dovrà eleggere giunta e presidente. Infatti alle 14 scade il termine del voto telematico e nel pomeriggio si conosceranno i risultati. Impossibile fare previsioni: c’è chi sostiene che ad avere più rappresentanti nel Comitato direttivo centrale sarà Magistratura indipendente, altri invece sostengono la vittoria di AreaDg, anche perché la presidenza Santalucia è stata apprezzata pure da chi nel 2020 votò contro di lui. Un esempio? Ugo Scavuzzo, membro uscente dell’attuale Cdc, in quota Mi, nel suo saluto di commiato due sabati fa ha detto rivolto a Santalucia: «Mi sono pentito di non aver appoggiato la tua proposta allora. Oggi dico che sei stato un eccellente presidente».

La domanda che si pone adesso è: questo confronto è fattibile oppure no? Le aperture della politica sono solo operazioni di facciata per mostrare il volto dialogante dinanzi ai cittadini rispetto a una magistratura che protesta o c’è davvero intenzione di pensare a delle modifiche? Un punto fermo sull’altra sponda è la mozione approvata dal congresso di Palermo a maggio, in cui tra l’altro leggiamo: «L'unicità della magistratura è valore fondante del nostro associazionismo: tale sua caratteristica ontologica è incompatibile con ogni possibilità di mediazione e trattativa sugli specifici contenuti delle riforme».

Queste righe, che chiudono palesemente a qualsiasi confronto, furono messe nero su bianco da un magistrato di peso come Eugenio Albamonte, che faceva parte del gruppo scelto dalle correnti per stilare la mozione. Proprio Albamonte, qualche settimana fa in un dibattito organizzato dalla Camera Penale di Grosseto con il presidente dell’Ucpi Francesco Petrelli, ha ribadito: «Accettare il meno peggio sarebbe uno snaturamento, un cedimento ipocrita. Meglio confrontarsi a viso aperto con le proprie ragioni e la storia racconterà com’è finita».

Solo che adesso sembra che una parte della magistratura sia pronta a trattare invece con la politica sul tema del sorteggio: togliere dalla riforma quello puro per i membri togati del Csm e accettare quello temperato (i candidati sarebbero individuati, appunto, per sorteggio, per poi essere effettivamente eletti da tutti i magistrati). Quello del sorteggio è uno dei temi della riforma più dibattuto: persino Petrelli e l’ex presidente dell’Ucpi Caiazza si sono detti contrari, definendolo un sistema «antidemocratico e grillino». Tanto è vero che nella proposta di legge di iniziativa popolare dei penalisti non era previsto.

Ma adesso non vi si può rinunciare per non mandare a monte tutta la riforma. Persino il vice ministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha confermato: «Io non sono favorevole al sorteggio, lo dico subito, ma mi rendo conto che è il solo modo per poter spezzare questo legame malato tra correnti e Csm», rispondendo in merito alla provocazione dei dadi in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario a Bari, che gli sono stati dati dal segretario di AreaDg, Giovanni Zaccaro.

All’interno della magistratura sicuramente il gruppo dei CentoUno sarebbe favorevole al sorteggio. Ieri erano addirittura circolate voci di una possibile adesione di Unicost, poi smentita al Dubbio in maniera categorica. Sta di fatto che di questo si parlerà anche nell’assemblea del 27 febbraio, giorno in cui è stato convocato lo sciopero. Un appuntamento a cui ci si avvicina con più entusiasmo, considerato che dal punto di vista dell’Anm sabato le proteste hanno ottenuto tre importanti risultati: compattare tutte le toghe contro il governo, registrare una partecipazione massiccia alla protesta, riempire le prime pagine dei giornali e i tg. Certo, c’è anche chi sostiene che l’astensione potrebbe irritare una parte dei cittadini che si vedrebbero rinviare la causa. Ma questo è un discorso marginale. Ora l’obiettivo è portare quante più toghe possibile il 27 all’assemblea, ribaltare i sondaggi – quello di sette giorni fa di SWG per La7 dava il 63% delle persone contattate favorevole alla separazione delle carriere -, comunicare al Paese reale (vedasi altro articolo sul giornale di oggi) le ragioni della protesta.