Con 186 voti favorevoli e 106 contrari, è stato approvato ieri sera alle 19 alla Camera dei deputati, alla presenza del ministro della Giustizia Carlo Nordio, l’articolo 1 del disegno di legge di modifica costituzionale che porta il suo nome, “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”. Azione e Italia Viva hanno votato con la maggioranza. Come si legge nella relazione, «con l’articolo 1 si apporta una modifica al decimo comma dell’articolo 87 della Costituzione. La disposizione risulta necessaria in ragione della riorganizzazione dell’assetto della magistratura con l’istituzione di due distinti Consigli superiori, uno per la magistratura giudicante e uno per la magistratura requirente».

La norma, tuttavia, «preserva integre le attuali funzioni del Presidente della Repubblica, al quale viene attribuita la presidenza sia del Consiglio superiore della magistratura giudicante sia del Consiglio superiore della magistratura requirente». La discussione, iniziata alle 17, ha raccolto le dichiarazioni solo delle opposizioni che hanno presentato i loro emendamenti che, con parere negativo del Governo, sono stati tutti respinti.

Compreso anche quello che avrebbe voluto modificare l’articolo 101 della Costituzione - «La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge» – aggiungendovi “ed esercitano le loro funzioni in modo equo, obiettivo ed imparziale”.

Le opposizioni hanno sostenuto che così la maggioranza conferma di voler effettuare un controllo politico sulla magistratura, limitando la sua autonomia. L’auspicio del Partito democratico, del Movimento 5 Stelle, di Alleanza verdi e sinistra e di Italia Viva era quello di veder approvato almeno quello sulla parità di genere all’interno del Csm, ma dopo giorni di riflessione uno dei tre relatori del provvedimento, il forzista Nazario Pagano, ha annunciato che verrà presentato un ordine del giorno sul tema. E sappiamo bene che questo tipo di atto non ha alcuna forza vincolante.

Per il resto il dibattito, a tratti animato ed interrotto da brusii di entrambe le parti, è stato un copia ed incolla dei discorsi già sentiti nei giorni precedenti, con i partiti di minoranza che hanno stigmatizzato il fatto di essere stati imbavagliati, che il testo sia stato blindato, come se fosse stata posta la fiducia, che questo provvedimento era un obiettivo della P2 di Licio Gelli e il sogno di Berlusconi, che la norma ha lo scopo di indebolire la magistratura e le indagini nei confronti dei potenti. «Mai prima d’ora – ha dichiarato il dem Federico Gianassi una riforma costituzionale era stata approvata dal Parlamento senza alcuna condivisione con le opposizioni né modifica. È il segno di un Parlamento ridotto a semplice passacarte delle decisioni di Palazzo Chigi».

Il Movimento 5 Stelle, invece, si è scoperto improvvisamente garantista, dopo anni in cui ha cavalcato l’onda del populismo penale: «Se vogliamo sempre più un pm garantista che sappia cercare anche prove a favore dell’indagato, come l’ordinamento già oggi gli impone, non si capisce perché staccarlo dalla magistratura giudicante, quando invece servirebbe una maggiore contaminazione tra tutti i settori che operano nella giustizia», ha detto la deputata Enrica Alifano.

La seduta è terminata alle ore 20 con la bocciatura di tutti gli emendamenti all’articolo 2. Si è ripreso stamattina alle 9.30. Giovedì dovrebbero esserci le dichiarazioni di voto finale e poi entro venerdì l’approvazione definitiva del provvedimento.

Sull’iter della discussione non peserà il fatto che bisognerà rivedere stamattina in una capigruppo convocata alle 9 l’ordine dei lavori parlamentari per l’elezione dei giudici costituzionali.

Forza Italia assicura e rassicura che questa settimana sarà quella in cui si avrà in prima lettura l’approvazione della separazione delle carriere, la «madre di tutte le riforme», come sostenuto dal Guardasigilli. Il che farà alzare i toni all’Anm che non esclude un imminente sciopero: «Il percorso della riforma costituzionale è lungo, - ha dichiarato il presidente Giuseppe Santalucia - vedremo se e quando farlo ma non è per niente escluso».

Quanto alla tempistica dell’eventuale astensione, magari dopo la prima lettura o il via libera di Camera e Senato, per Santalucia «è una possibilità, deciderà chiaramente il direttivo dell’Associazione ma lo sciopero è uno strumento non di protesta ma di comunicazione per dare ancora più voce alle ragioni della nostra contrarietà alla riforma nell’opinione pubblica».

A distanza aveva replicato il suo naturale contrappositore, il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri: «Il presidente dell’Anm Santalucia ogni giorno ci somministra la sua ricetta in una visione che io definisco eversiva. Perché? Perché ritiene che la separazione dei poteri giudiziario, legislativo e esecutivo non esista più e che quindi l’Anm, Santalucia e il nuovo “Santo” che verrà dopo Santalucia, ci dirà quello che dobbiamo fare nel Parlamento o nel governo. Noi dobbiamo rivendicare la sovranità legislativa del Parlamento in materia di giustizia».