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«Ma avete idea di cosa significhi? Io sì, ho avuto la fortuna, la considero tale, di sperimentare sulla mia pelle la titanica impresa di un referendum abrogativo». Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione Camere penali italiane, ha un background che non lo abbandona: la militanza radicale. Senza indugiare nel biografismo, il dettaglio gli è tornato utile un paio di volte solo nelle ultime settimane. Innanzitutto con la “Maratona oratoria per la verità sulla prescrizione”: «La maratona è un’idea pannelliana», racconta sempre Caiazza, «che pagai da giovane militante con un comizio al freddo, in piena notte e davanti a nessuno».
La seconda scintilla che nel presidente dell’Ucpi è scoccata anche grazie al grande Marco è naturalmente il referendum per cancellare la norma sulla prescrizione. «La via abrogativa è allo stato l’unica. Con due opzioni: la legge Costa o, se non andasse avanti, il referendum. Che sarebbe una straordinaria occasione, anche unitaria, per l’avvocatura. La si può cogliere però solo a partire da due presupposti. Primo, deve esserci la concreta disponibilità, politica e finanziaria, di un certo numero di partiti. Secondo, vanno assolutamente evitate fughe in avanti e ansie di protagonismo all’interno della stessa avvocatura. Non ha senso proporre ora il testo del quesito referendario e addirittura inviarlo alle Regioni. È l’ultima cosa da fare. Prima bisogna essere certi di avere gambe che reggano l’impresa. Lo si deve verificare. Poi si procede».
Partiamo dal tentativo parlamentare: lo dà ormai per disperato?
No. Non ho affatto detto questo. Anzi. Vedo che la prospettiva di un sì alla legge Costa tende ad ampliarsi. Si dovrà attendere ancora qualche giorno: innanzitutto l’esito del vertice sulla giustizia, rinviato a dopodomani. Il punto è: il Pd terrà duro sulla propria posizione? Quali conseguenze sarà pronto a trarre, anche rispetto all’iter della legge Costa, in caso di mancato accordo con i 5 Stelle?
Se non succede nulla alla Camera si parte subito con il referendum?
Il referendum è un obiettivo che noi dell’Unione Camere penali abbiamo già concretamente strutturato nella delibera del 31 dicembre: e per carità, 20 minuti dopo che le agenzie di stampa avevano dato conto del comunicato, già Matteo Salvini aveva dichiarato di essere pronto a sostenere la nostra iniziativa. Lo hanno subito seguito Fratelli d’Italia, Forza Italia e persino alcuni esponenti di Italia viva. Va tutto bene. Ma ora dobbiamo incontrare le forze politiche e valutare la loro concreta disponibilità.
Non si fida?
Ma non è una questione di fiducia. Il punto è che raccogliere 500mila firme, dico 500mila, è tra le imprese più difficili in cui un soggetto politico possa imbattersi. Tre anni fa noi penalisti abbiamo compiuto uno sforzo davvero disumano e siamo riusciti a raccogliere 70mila firma sulla proposta di legge d’iniziativa popolare per la separazione delle carriere. Ma bisogna aver avuto in vita un’esperienza come quella di promuovere una consultazione abrogativa, per capire davvero cosa significhi.
Lei lo ha fatto col Partito radicale.
Ecco. Sono consapevole della difficoltà. E credo sia doveroso proteggere noi stessi, la dignità dell’avvocatura, e dell’intero fronte schierato nella battaglia sulla prescrizione, da un avventurismo improduttivo.
Servono molti soldi?
Serve innanzitutto un comitato promotore. Non vuol dire fare una lista di nomi. Significa realizzare una iniziativa politica condivisa, far convergere le forze organizzative ed economiche di più partiti, in modo da poter allestire tavoli per la raccolta, da poter contare su un sufficiente numero di segretari comunali, di soggetti certificatori. Incontreremo le forze politiche nei prossimi giorni.
Teme che alla fine più di un partito, tra quelli che si sono detti a favore del referendum, alla fine receda dissuaso dalla impopolarità delle battaglie garantiste?
Non ho questo timore. Sul tema della prescrizione si è ampliata molto l’attenzione dell’opinione pubblica, e persino dei media. È cresciuta la coscienza dei pericoli insiti in quella riforma e, più in generale, in un certo modo si intendere la giustizia penale. E mi pare evidente che diverse forze politiche sono ora intenzionate a intercettare tale nuova consapevolezza.
Cosa potrebbe portare le forze politiche a cambiare idea?
La politica modifica l’agenda delle proprie priorità in modo spesso veloce, imprevedibile. Perciò serve un impegno serio e concreto. In ogni caso parliamo di un progetto da edificare mattone su mattone, con pazienza e coscienza dello sforzo necessario. Perciò vanno evitate fughe in avanti, a cominciare dalla stesura del quesito, che è e deve essere l’ultimo dei problemi. Prima va verificata la disponibilità di tutti i soggetti, anche sociali, pronti a impegnarsi. Ed è chiaro che in prima fila dovrà esserci l’intera avvocatura.
Una campagna referendaria, una raccolta di firme contro la “nuova” prescrizione, può essere anche un’occasione per suggellare quella rinnovata consapevolezza del proprio ruolo sociale che l’avvocatura ha saputo maturare in questi anni?
Assolutamente sì. Vede, non a caso nella delibera che, come Unione Camere penali, abbiamo approvato il 31 dicembre, abbiamo auspicato il coinvolgimento dell’intera avvocatura nell’iniziativa referendaria. Credo che un grande ruolo potrà essere giocato, oltre che dalle Camere penali territoriali, anche dai Consigli dell’Ordine. Le firme si raccolgono sul territorio, e d’altronde siamo certi che l’attenzione per il tema travalichi il perimetro di noi penalisti.
Anche un avvocato non penalista vede dietro la nuova prescrizione il paradigma di un modo troppo sbrigativo di legiferare sulla giustizia?
Tutti gli avvocati colgono la rozzezza del messaggio veicolato con la nuova prescrizione. L’intera classe forense comprende quali rischi si nascondano dietro una legislazione in materia di giustizia che insegue solo i titoli dei giornali e le bandierine ideologiche senza alcun aggancio con la conoscenza reale delle questioni. Non si dimentichi poi che l’intera accademia è schierata non casualmente contro questa riforma della prescrizione. Non c’è uno studioso che la sostenga, e legittimamente ci si chiede com’è possibile che la politica ignori un dato del genere.
La raccolta firme per un referendum sulla prescrizione sarebbe anche una sorta di “maratona oratoria” diffusa, un’occasione per ripristinare la verità sulla giustizia penale e smontare il populismo giudiziario?
È esattamente l’idea che vogliamo realizzare con l’iniziativa referendaria. La maratona oratoria ci ha permesso di toccare con mano come basti fare un lavoro di informazione per demistificare le leggende sul processo penale; come sia sufficiente parlare in modo ininterrotto per colpire l’attenzione e incrinare il castello di menzogne sulla prescrizione privilegio di pochi. La partita si vince se si informano le persone. Ma ha bisogno di un’organizzazione. L’avvocatura può giocarvi una partita unitaria senza precedenti. A condizione che si vada uniti verso l’obiettivo.