Gli Stati Ue possono designare la lista di Paesi sicuri con atto legislativo ma i giudici posso valutare la scelta: questa la posizione espressa dall'avvocato generale della Corte di Giustizia Europea, Richard de la Tour, in merito al protocollo Italia Albania e al dl Paesi Sicuri. In particolare leggiamo nel provvedimento, non vincolante per la decisione finale della CGUE attesa prima dell’estate, che: «Uno Stato membro può designare un Paese terzo come Paese di origine sicuro mediante un atto legislativo. Tuttavia, il giudice nazionale chiamato a esaminare un ricorso avverso il rigetto di una domanda di protezione internazionale deve disporre, nell'ambito dell'esame sulla legittimità di tale atto, delle fonti di informazione che sono servite da base per tale designazione».

Inoltre, secondo de la Tour, «la mera circostanza che un Paese terzo sia designato come Paese di origine sicuro mediante un atto legislativo non può avere la conseguenza di sottrarlo ad un controllo di legittimità, salvo privare di qualsiasi efficacia pratica la direttiva. L'atto legislativo applica il diritto dell'Unione e deve garantire il rispetto delle garanzie sostanziali e procedurali riconosciute ai richiedenti protezione internazionale dal diritto dell'Unione».

Per quanto riguarda la possibilità di designare un Paese terzo come Paese di origine sicuro mentre non lo è per talune categorie di persone, l'avvocato generale Richard de la Tour ritiene che «la direttiva (direttiva Ue 2013/32, ndr) non osti a che uno Stato membro attribuisca ad un paese terzo lo status di paese di origine sicuro, identificando nel contempo categorie limitate di persone che possono essere esposte, in tale paese, al rischio di persecuzioni o violazioni gravi. Ciò è possibile solo qualora, da un lato, la situazione giuridica e politica di tale paese caratterizzi un regime democratico che garantisca alla popolazione in generale una protezione duratura contro tali rischi e, dall'altro, lo Stato membro interessato escluda espressamente tali categorie di persone dall'applicazione del concetto di paese di origine sicuro e dalla presunzione di sicurezza ad esso connessa».

Il caso era stato dibattuto dinanzi ai giudici di Lussemburgo lo scorso 25 febbraio: com’è noto il protocollo Italia Albania, siglato il 6 novembre 2023 e ratificato dal Parlamento italiano con legge 14/2024, ha istituito centri per il trattenimento e il rimpatrio in territorio albanese, ma sotto giurisdizione italiana. A Shengjin e Gjader possono essere trattenuti i richiedenti protezione internazionale sottoposti a una procedura accelerata di frontiera, riservata a persone provenienti da Paesi considerati sicuri. La questione discussa riguarda due cittadini del Bangladesh, la cui richiesta di protezione è stata respinta dalla Commissione territoriale di Roma, poiché il Bangladesh è stato disegnato Paese sicuro da un decreto interministeriale del maggio 2024, poi sostituito nell'ottobre successivo dal cosiddetto “dl Paesi sicuri”.

La sezione immigrazione del Tribunale civile di Roma con due ordinanze di rinvio pregiudiziale aveva chiesto alla CGUE di rispondere sostanzialmente a quattro domande: il diritto dell’Unione osta a che un legislatore nazionale proceda anche a designare direttamente, con atto legislativo primario, uno Stato terzo come Paese di origine sicuro? Quali garanzie procedurali devono esserci per verificare le fonti usate per questa decisione? Qual è il ruolo delle autorità giurisdizionali nel verificare la situazione del Paese interessato? Un Paese può essere definito sicuro se non lo è per alcune categorie di persone?