Il calendario di ieri della commissione Giustizia di Montecitorio poteva trarre in inganno: c’era infatti scritto che ci sarebbero state delle votazioni in merito alla proposta di legge per l’istituzione di una giornata dedicata alle vittime di errori giudiziari. Tuttavia non si è riusciti né a dare il mandato ai relatori per riferire all’Aula né si sono votati gli emendamenti. Mancava il parere del governo. La norma dunque dovrebbe arrivare nell’emiciclo di Montecitorio il 15 aprile solo per consentire al presidente della stessa commissione, il deputato di FdI Ciro Maschio, di comunicare la situazione di stallo e formalizzare il ritorno della pratica nell’organismo da lui guidato.

Da quanto si è appreso, il congelamento durerà addirittura qualche mese perché, come già più volte raccontato su queste pagine, l’intenzione del governo e della maggioranza è concentrarsi sulla modifica costituzionale della separazione delle carriere (ora in discussione nella commissione Affari costituzionali del Senato), sulla riforma della Corte dei Conti (ieri sono state respinte le pregiudiziali delle opposizioni nell’aula di Montecitorio), sulle modifiche al codice di rito per il sequestro degli smartphone (approvato in Senato e incardinato in commissione Giustizia alla Camera qualche giorno fa). Fine dei programmi, anzi del programma “realisticamente attuabile” nel campo della giustizia, nessuno spazio per dossier come la giornata sugli errori giudiziari. La logica è duplice: abbassare i toni nello scontro con l’Anm, ed evitare che riforme dalle sembianze troppo ostili alla magistratura possano “indisporre” quella parte dell’elettorato di destra comunque favorevole alle toghe.

Se è vero che le parole pronunciate lunedì da Alfredo Mantovano alla cerimonia inaugurale dell’anno giudiziario del Cnf hanno riacceso le polemiche con la magistratura, il governo non devia dalle decisioni assunte in una recente riunione di maggioranza con il guardasigilli. Non è un caso che la legge sulla giornata per le vittime degli errori giudiziari vada a finire su un binario morto proprio in questi giorni. Il 15 aprile infatti l’Anm incontrerà il ministro Nordio. È una pura coincidenza che il testo arriverà quel giorno in Aula, ma non lo è il suo inevitabile ritorno in Commissione. Necessario proprio per gettare acqua sul fuoco: l’Anm arriva all’incontro con Nordio con animo già poco sereno, quasi rassegnato, proprio a causa di recenti dichiarazioni del ministro. Come ha sottolineato il segretario del “sindacato”, Rocco Maruotti, nell’ultimo parlamentino delle toghe, «siamo da un lato invitati al dialogo, cosa che del resto abbiamo sempre chiesto e proposto anche noi, dall’altro in occasioni pubbliche veniamo accusati di dire sciocchezze colossali e petulanti litanie (si riferisce a un evento delle Camere penali del Friuli, ndr): si pone un tema di affidabilità, perché un guardasigilli che vuole dialogare con chi pensa dica sciocchezze colossali ci fa pensare che l’incontro potrebbe risolversi in un nulla di fatto, seppure riguardi molte questioni importanti in tema di efficienza della giustizia».

Tra le riforme lasciate ai box dalla maggioranza c’era anche quella sulla custodia cautelare. Eppure, proprio all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Cnf Nordio ha sottolineato l'urgenza di rivedere i criteri per la sua applicazione.

Per questo il capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia alla Camera, Tommaso Calderone, ci dice: «Stiamo valutando la possibilità di chiedere un incontro al ministro per rappresentargli la nostra urgenza affinché si discuta quanto prima la nostra proposta di legge che punta a modificare l’articolo 299 del codice di procedura penale, intervenendo nella parte che prevede, tra le esigenze cautelari, il rischio di reiterazione del reato. Sono ovviamente esclusi i reati di maggiore allarme sociale, come mafia e terrorismo, e quelli a sfondo sessuale. Visto che il ministro Nordio in ogni incontro pubblico e anche in Parlamento lancia spesso l’allarme sull’abuso della custodia preventiva, abbiamo fiducia che al più presto farà qualcosa».

Secondo il primo firmatario della proposta, «tre sono gli obiettivi di questa norma: scongiurare che presunti innocenti vengano ristretti, evitare che le ingiuste detenzioni gravino poi sulle casse dello Stato, ridurre il sovraffollamento».