Diciamo che Carlo Nordio ha preso la questione sul serio. Ieri, all’uscita da Montecitorio, i cronisti lo hanno intrattenuto sulle riforme, sul premierato e, ovviamente, la separazione delle carriere. Gli hanno pure chiesto se non sia il caso di coinvolgere comunque le opposizioni, visto che si tratta di leggi costituzionali. Lui ha risposto come si conviene a un ministro, e ha detto che sì, «l’opposizione dev’essere sempre ascoltata», ma poi «la nostra responsabilità è tener fede al mandato elettorale: se siamo stati incaricati di fare la riforma della giustizia, la faremo». Nulla da obiettare. Soprattutto, il guardasigilli lascia intendere ogni giorno di più di calarsi nella contesa, nella vera sfida che ormai, sulle carriere dei magistrati, non è più parlamentare ma elettorale. Nel senso che ruoterà essenzialmente attorno al referendum. E sarà una sfida diversa dagli impegni sostenuti fin qui da Nordio, sulle intercettazioni o sull’abuso d’ufficio: al referendum sulla riforma costituzionale bisognerà convincere gli elettori a schierarsi per una modifica che cambia in profondità l’assetto della magistratura e l’equilibrio tra i poteri dello Stato. Di fatto, la controrivoluzione a 34 anni da Mani pulite, dal “trauma” che la parte politica di cui Nordio è espressione è arrivata a definire come un “golpe giudiziario”.

Ora, la battaglia – come ha detto sempre ieri Nordio, confortato dall’identica previsione azzardata dal suo “vice”, Francesco Paolo Sisto – si consumerà a inizio 2026. Di qui a un anno e a poco più di un anno dalle prossime Politiche. C’è, poco tempo prima, ce ne sarà poco anche dopo l’esito della consultazione. Ed è chiaro che da qui al referendum confermativo, bisognerà serrare le file. Il centrodestra dovrà essere unito. Peccato che la coalizione guidata da Giorgia Meloni attraversi la più acuta crisi di tenuta interna fin qui registrata da inizio legislatura.

Un po’ è la contingenza, l’approssimarsi del congresso leghista, che spinge Matteo Salvini a esasperare gli attriti soprattutto con Forza Italia. E quindi, almeno in parte, passerà. Solo che più ci avviciniamo alla data fatidica del referendum sulle “carriere” e più ci si avvicinerà anche alla campagna elettorale per le prossime Politiche. Così la conflttualità e la competizione interna all’alleanza tenderanno comunque al rialzo. Vi sembrano i presupposti migliori per vincerla, la sfida referendaria sulla separazione delle carriere?

Il punto che è la questione, per ora, è sottovalutata. Un po’ perché gli sforzi del centrodestra, in fatto di giustizia, si sono consumati, negli ultimi tempi, alla ricerca di altri equilibri, necessari per portare a casa, per esempio la legge Zanettin sul limite dei 45 giorni per le intercettazioni.

Un po’ perché il testo della riforma sulle carriere è ormai blindato. Il fiume scorre placido verso l’approdo naturale: è questa la sensazione che, sulla riforma Nordio, condividono vertici e ausiliari della coalizione di maggioranza. Ma poi ci sarà appunto la necessità di investire seriamente nella campagna per vincere il referendum confermativo: e lì, come detto serviranno convinzione e gioco di squadra. Davvero il centrodestra saprà metterli in campo? Le perplessità derivano innanzitutto dall’inevitabile competizione interna che, appunto, si intensificherà in vista del voto per il nuovo Parlamento. Ma sullo sfondo ci sono anche le sensibilità assai diverse che, rispetto alla giustizia, coesistono nel centrodestra. Se n’è scritto, su queste pagine, la scorsa settimana, a proposito delle due anime che, sulla riforma di Nordio e in generale sul garantismo, si fronteggiano in Fratelli d’Italia.

Da una parte l’avanguardia della componente più liberale, dall’altra la “retroguardia”, che ha però il vantaggio di essere guidata da una figura decisiva come il sottosegretario Andrea Delmastro. E se il partito di maggioranza relativa ha già al proprio interno ambivalenze così profonde, figuriamoci quanto potrà essere unita e concorde la maggioranza complessivamente intesa. Figuriamoci se, in prossimità del referendum sulle carriere, non si emergerà il diverso spirito di Forza Italia rispetto agli alleati, dei garantisti azzurri guidati da Sisto rispetto alla destra giudiziaria più intransigente incarnata da Delmastro.

Certo la Lega, che annovera nella prima linea della giustizia avvocati come Giulia Bongiorno e Andrea Ostellari, ha alle spalle già l’impegno referendario, sfortunato, sostenuto tre anni fa al fianco del Partito radicale. Ma dire che Nordio potrà contare su un esercito capace di muoversi come un sol uomo sarebbe da ingenui. E davvero non immaginiamo come un quadro del genere possa lasciar tranquilla una persona dotata della cultura e della visione del guardasigilli. Che nella sua battaglia non potrà dirsi solo, ma neppure accompagnato da chissà quale invincibile armata.