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«I o sono convinto che un punto d’incontro per una legge sul suicidio assistito ora sia possibile trovarlo. E anche che la Consulta ne terrebbe conto». Più che un irriducibile ottimismo, Michele Bordo ha il tarlo del decoro istituzionale. Vicecapogruppo pd a Montecitorio, attivo in commissione Giustizia, è forse l’unico che, dopo il naufragio parlamentare sul fine vita dello scorso 31 luglio, abbia espresso un esplicito rammarico. Ora che è cambiato tutto, dal governo ai suoi programmi, crede in un colpo di scena.
Il prossimo 24 settembre la Corte costituzionale si riunirà, come annunciato nel dispositivo dell’anno scorso, per decidere sul caso Cappato: è chiaro che i giudici non troveranno alcuna nuova legge in materia di suicidio assistito. Vista la situazione, dovranno essere loro a stabilire se in casi come quello di Marco Cappato, appunto, in cui ci si trova ad assistere una persona, come Dj Fabo, in condizioni di salute irreversibilmente compromesse e in stato di grande sofferenza, il reato di aiuto al suicidio previsto all’articolo 580 del codice penale sia da considerarsi incostituzionale.
Poco meno di un anno fa la Corte aveva sollecitato il Parlamento a intervenire con una «appropriata disciplina» considerato che «l’attuale assetto normativo concernente il fine vita lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione». Il Parlamento non lo ha fatto. «Perché le distanze tra Movimento 5 Stelle e Lega erano così nette», ricostruisce l’onorevole Bordo, «che, nell’ultima riunione alla Camera, il 31 luglio scorso, si è deciso di interrompere i lavori sulle proposte di legge presentate, senza neppure essere ancora riusciti ad adottare un testo base».
Ma appunto, il vicepresidente dei deputati dem ritiene «ora possibile raggiungere un accordo politico tra le forze che sostengono il nuovo governo». Di più: «Mi impegnerò nei prossimi giorni, nelle prossime ore, affinché tale accordo si trovi». Fino a spingersi a quell’ipotesi, piuttosto ardita ma non del tutto irrazionale: «Di fronte a un’intesa chiara, esplicita, seppur non ancora suggellata da un voto dell’Aula, credo non si debba escludere che la Consulta possa rinviare la propria decisione in modo da concedere al Parlamento altro tempo».
Sull’ipotesi, il Movimento per ora non si pronuncia. Dopo il nulla di fatto del 31 luglio nelle commissioni congiunte Affari sociali- Giustizia, aveva diffuso un comunicato in cui esprimeva rammarico per l’ «occasione persa» dalle Camere, e rassegnazione dinanzi al fatto che sarebbe stata «la sentenza della Corte costituzionale a esprimersi». Ma lo scenario è cambiato. Con un ulteriore elemento di novità, che si aggiunge allo tsunami del quadro politico: il parere del Comitato nazionale di bioetica che, poche ore prima della riunione- naufragio a Montecitorio, aveva segnalato la necessità di distinguere il «suicidio assisito» dall’ «eutanasia». Un assist per una legge semplice e stringata che si limitasse a ridefinire l’articolo 580 del codice penale, come sollecitato dalla Consulta. La nuova opportunità politica incrocia valutazioni diverse nei due poli opposti del dibattito.
Secondo Cappato, «è problematico pensare che un mero accordo politico debba indurre la Corte a non pronunciarsi. Anche perché», spiega al Dubbio il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, «se la Corte giudicasse incostituzionale, in determinate condizioni, punire l’aiuto al suicidio, il compito di individuare quelle condizioni spetterebbe comunque al Parlamento, che così non sarebbe affatto esautorato».
Molto più complessa è la condizione in cui ora si trovano i cattolici. Mercoledì 11 settembre ci sarà un incontro con tutte le maggiori associazioni pro life presso il centro congressi della Cei, il cui presidente Gualtiero Bassetti interverrà con una relazione proprio sul tema “Eutanasia e suicidio assistito. Quale dignità della morte e del morire?”. Una voce più oltranzista del mondo cattolico come “Pro Vita & Famiglia” ha lanciato una campagna di affissioni- choc a Roma e Milano, con manifesti del genere “Maria, 70 anni, ha un tumore. Potrà farsi uccidere. E se fosse tua nonna?”. Difficile che la Corte se ne lasci influenzare. Un po’ meno irragionevole pensare che possa decidere, con una scelta comunque straordinaria, di concedere una chances alla nuova maggioranza.