«Non condivido l'emissione di un mandato di arresto nei confronti del signor Njeem» e, in particolare, «non sono d'accordo con i miei colleghi nella misura in cui ritengono che la Corte abbia giurisdizione per esaminare questi crimini». Così si esprime il giudice della Corte Penale Internazionale dell'Aia, María del Socorro Flores Liera, motivando il suo voto contrario all'arresto del capo della polizia giudiziaria libica, Njeem Osama Elmasry (Almasri), in un documento allegato alla decisione.
La vicenda di Almasri ha messo nei guai, com’è noto, la premier Giorgia Meloni, i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, tutti indagati dalla procura di Roma, a seguito della denuncia presentata dall’avvocato calabrese Luigi Li Gotti.

Nel testo, visionato dall'Adnkronos, i tre giudici coinvolti nel caso hanno espresso le loro argomentazioni, con due voti favorevoli e uno contrario alla richiesta di arresto. Il mandato elenca i reati imputati ad Almasri e ribadisce la necessità dell'arresto per garantire la sua presenza davanti alla Corte, ritenendo improbabile una sua resa spontanea o la collaborazione delle autorità libiche per la sua estradizione.

La richiesta del mandato di arresto è stata inoltrata dalla procura alla Corte il 2 ottobre 2024, riguardando «crimini contro l'umanità e crimini di guerra» commessi in Libia tra febbraio 2015 e ottobre 2024, nell'ambito di «un attacco diretto contro la popolazione civile detenuta nella prigione di Mitiga a Tripoli». Le accuse comprendono reclusione, trattamenti inumani, torture, violenze sessuali, stupri, omicidi e tentati omicidi, sentenze illegittime, riduzione in schiavitù e schiavitù sessuale.

Secondo la maggioranza della Camera, esistono elementi sufficienti per ritenere che i crimini contestati siano legati alla situazione che ha portato all'attivazione della giurisdizione della Corte con il deferimento del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, avvenuto con la Risoluzione 2011. Tuttavia, la giudice Flores Liera sottolinea che questa Risoluzione indicava il 15 febbraio 2011 come inizio della giurisdizione temporale della Corte, senza specificare fino a quando questa avrebbe dovuto protrarsi.

«Sebbene non sia facile stabilire un limite temporale chiaro, i deferimenti del Consiglio di Sicurezza non sono illimitati», afferma la giudice. «Essi devono essere interpretati secondo il quadro giuridico dello Statuto della Corte e non possono estendersi in assenza di una chiara base normativa». Pur riconoscendo che «i conflitti e i disordini civili in Libia sono proseguiti anche dopo la morte di Gheddafi il 20 ottobre 2011», la giudice ritiene che questi eventi non siano direttamente collegati agli atti che hanno portato al deferimento del Consiglio di Sicurezza, il quale si concentrava su «attacchi diffusi e sistematici contro la popolazione civile» perpetrati principalmente dalle autorità governative libiche.

La giudice dissenziente osserva che i suoi colleghi ritengono «sufficientemente provato che una situazione di crisi sia in corso sin dalla Risoluzione del 2011», e che quindi la giurisdizione della Corte possa estendersi almeno fino al 2 ottobre 2024. Tuttavia, secondo la giudice Flores Liera, «il fatto che una crisi sia in atto non stabilisce automaticamente un nesso giuridicamente valido tra le accuse formulate dal Procuratore e il quadro iniziale del deferimento».

«Sembra esserci un tentativo di forzare un collegamento con gli eventi che hanno attivato la giurisdizione della Corte, il che, se accettato, implicherebbe che la Corte possa esercitare la propria autorità su uno Stato non parte per un tempo indefinito», avverte la giudice. «Non posso condividere un approccio di questo tipo, che non trova supporto né nel deferimento del Consiglio di Sicurezza, né nel quadro giuridico della Corte, né nel diritto internazionale». Infine, la giudice esprime preoccupazione per il fatto che «un'estensione eccessiva della giurisdizione della Corte in casi come questo potrebbe compromettere la credibilità dell'istituzione».