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Nel linguaggio comune " mediazione" e '"compromesso" sono più o meno sinonimi ma con una sensibile sfumatura di differenza. Una mediazione che soddisfi tutte le parti in causa è possibile. Un compromesso che arrivi allo stesso luminoso obiettivo no. Forse non a caso Tria ha parlato, martedì di fronte alle Camere, di '"compromesso" da cercare e trovare tra Italia e Ue.
Nel compromesso tutte e due le parti in causa devono perdere qualcosa, rinunciare a qualcosa e forse a molte cose. Salvo situazioni di miracoloso equilibrio, in un compromesso una delle due parti deve sacrificare più dell'altra. In questo caso il polo debole, quello che dovrà sacrificare di più e che forse si troverà di fronte alla necessità di definire '"compromesso" una resa è l'Italia.
I segnali in questo senso sono troppi per avanzare seri dubbi: la rapidità con cui, subito dopo le elezioni che hanno dissipato per il momento la paura di un arrembaggio sovranista a Strasburgo, la commissione ha messo sul tavolo una procedura per debito, mai comminata prima, a fronte di uno scostamento nei conti in sé minimo; l'immediata conferma da parte del Comitato economico e finanziario; il testo e i commenti che hanno accompagnato la " letterina" di Bruxelles, che prendevano e prendono di mira non lo scostamento in questione ma l'intera politica economica del governo italiano.
Del resto non è un segreto che il Consiglio avrebbe preferito andare avanti con la procedura già nel dicembre scorso: la commissione è riuscita a imporre una sorta di tregua solo in virtù dell'opportunismo pre-elettorale.
In questa situazione raggiungere un compromesso sarebbe comunque un'impresa. Lo è a maggior ragione in quanto il '"compromesso" finale implica che ne siano stati prima raggiunti molti altri, dall'una e dall'altra parte. In Europa quello tra i falchi, convinti ormai che sia arrivato il momento di risolvere una volta per tutte il caso italiano con la troika, e le colombe che ancora lascerebbero alcuni margini di autonomia, peraltro non eccessivi, all'Italia.
In Italia quello tra la componente del governo che fa capo al Colle, composta da Conte, Tria e Moavero, e quella politica, ma anche tra i due partiti della maggioranza e persino, all'interno della Lega, tra il vertice di Roma, sovranista, e le roccaforti nordiche, in particolare quella veneta di Zaia, che da una rottura concreta con la Ue hanno tutto da perdere.
La tempistica, in questo caso, ha una notevole importanza. Nell'ultima decina di giugno, probabilmente già il 21, la commissione esprimerà il giudizio sulla lettera di risposta inviata il 31 maggio dal governo italiano e, se come è quasi certo non la riterrà sufficiente, proporrà formalmente l'avvio della procedura, specificando il tasso di rigore suggerito. La riunione Ecofin dell' 8 e 9 luglio potrebbe di conseguenza avviare la procedura ma potrebbe anche rinviare sino al primo agosto e dunque, data la pausa estiva automaticamente fino a settembre.
In ogni caso, pur con un certo livello di incertezza dovuto al fatto che la procedura per debito eccessivo non è mai stata avviata, anche se Ecofin dovesse procedere già il 9 luglio sempre solo di avvio si tratterebbe. Nelle settimane seguenti verrebbe stilata la lista delle condizioni che l'Italia dovrebbe rispettare per evitare la procedura. Dopo sei mesi, o tre mesi in caso di situazione gravissima la commissione verificherebbe l'eventuale ' mancanza di azioni efficaci' e su questa base sarebbe poi il Consiglio a comminare le sanzioni del caso.
In concreto, sia in caso di rinvio della decisione che di avvio della procedura, la prossima legge di bilancio sarà scritta sotto la spada di Damocle di Bruxelles. Le cosa starebbero diversamente solo in un caso: se Ecofin decidesse di chiudere il caso respingendo la proposta di procedura già in luglio. E' la strada sulla quale conta la Lega, dal momento che le rassicurazioni sullo scostamento dei conti che ha innescato la richiesta di procedura dovrebbero essere esaurienti e che la commissione è in scadenza. Il partito di Salvini spera insomma di poter riaprire la trattativa sulla legge di bilancio senza più l'ombra del commissariamento già vicino e con una nuova commissione. E' una speranza però che probabilmente andrà delusa.
La rassicurazione che sia la commissione che il Consiglio aspettano non riguarda lo scostamento, peraltro lieve, ma l'intera politica economica La realtà è che per evitare una situazione ad altissimo rischio, governo e maggioranza devono offrire garanzie tali da fermare la procedura prima del 9 luglio. Conte ha infatti già assicurato che, ove la procedura scattasse, si dimetterebbe. Il rischio di affrontare l'estate a procedura avviata, o comunque con quella minaccia alle porte, e in più senza governo. Per la speculazione sarebbe un invito a nozze.