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Si aggrava, di ora in ora, il bilancio delle vittime causate dalla guerra che infuria in Libia. Dopo l’allarme dell’Oms che parlava di almeno 120 morti, ieri il numero dei caduti aveva già superato quota 150. Il numero dei feriti è arrivato a più di 500. Preoccupante anche la situazione della popolazione, nelle zone di combattimento almeno 16000 persone( dati dell'Ufficio Onu per gli Affari umanitari) sono state costrette a lasciare le loro abitazioni. Il conflitto non ha risparmiato i bambini, almeno una trentina sarebbero rimasti uccisi dai bombardamenti.
Nel fine settimana i combattimenti hanno interessato le zone a sud ovest di Tripoli dove le truppe della Cirenaica hanno guadagnato terreno con colpi di artiglieria e missili Grad. Non è mancato l’appoggio aereo che ha permesso la presa, per qualche ora, di Suani ben Adem, 25 km dalla capitale, e quella di Aziziya. Poi la risposta di Fayez Sarraj che, attraverso le milizie di Zintan, ha riconquistato le cittadine, tagliando le vie di fuga agli uomini del maresciallo. Dall’inizio dell’offensiva sarebbero almeno 100 i soldati di Haftar morti. Accertata invece la resa di un’intera compagnia che si è consegnata alle forze di Tripoli. Cattive notizie anche da Bengasi dove un’autobomba è esplosa al passaggio della vettura del colonnello Adel Marfoua, comandante dell'antiterrorismo rimasto illeso.
Sul fronte internazionale dura presa di posizione dell’Onu, l’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia, Ghassan Salamè, ha infatti bollato l’offensiva di Haftar come un tentativo di «colpo di Stato». Si muove anche la diplomazia italiana, ieri il premier Conte e il ministro degli Esteri Moavero hanno incontrato il vicepremier del Qatar, Al- Thani e il numero due di Tripoli, Ahmed Maitig, chiedendo la fine dei combattimenti.