PHOTO
L'Anm chiede le dimissioni. Un «gesto di responsabilità» da parte del procuratore generale Riccardo Fuzio. Questa volta i toni usati dall’Associazione nazionale magistrati sono pruidenti, ma dal forte significato.
L'Anm chiede un gesto di responsabilità
Messa temporaneamente in soffitta la foga “giustizialista” - solo qualche settimana fa l’Anm aveva bollato come «indegni» i consiglieri del Csm coinvolti nel celebre dopocena con i deputati dem Cosimo Ferri e Luca Lotti il “sindacato” delle toghe dichiara ora in una nota di attendersi da Fuzio, colto dalle intercettazioni in colloqui con Luca Palamara su notizie relative all’indagine a carico di quest’ultimo, «un gesto di responsabilità, capace di separare la vicenda personale, ed il corso delle indagini, dalle Istituzioni, onde preservarle da ulteriori effetti devastanti rispetto a quelli che già si sono prodotti».
Fuzio, dalle intercettazioni che la Guardia di Finanza ha inviato al Consiglio superiore della magistratura su disposizione dei pm umbri che stanno indagando Palamara per corruzione, oltre ad aver rivelato all’ex presidente dell’Anm informazioni riservate sull’inchiesta di Perugia, ha discusso con lui del successore di Giuseppe Pignatone.
Grazie all’astensione dello stesso Fuzio e del vicepresidente del Csm David Ermini, la nomina di Marcello Viola “sarebbe fatta”, riportano i brogliacci.
Viola, sempre secondo i colloqui intercettati, era il candidato legato a Ferri, già leader di Magistratura indipendente, e per questo inviso al gruppo progressista di Area che avrebbe preferito come procuratore di Roma Francesco Lo Voi.
Le intercettazioni di Fuzio
Nel colloquio notturno del 22 maggio intercettato tramite il trojan, Fuzio e Palamara discutono anche dell’esposto del pm di Roma Stefano Fava contro i colleghi Paolo Ielo e Giuseppe Pignatone, ritenuti da Palamara la causa dei propri problemi giudiziari.
Secondo l’Anm questi colloqui rappresentano condotte «ancora più gravi in quanto riferite al titolare di un Ufficio che ha, tra le proprie prerogative, anche l’esercizio del potere disciplinare, ed è membro di diritto del Consiglio superiore della magistratura».
Ieri era poi in programma a Palazzo dei Marescialli l’udienza disciplinare nei confronti di Palamara. Dopo averlo incontrato il 22 maggio, il 18 giugno Fuzio ne aveva chiesto infatti la sospensione dallo stipendio e dalle funzioni. Tre giorni prima del plenum straordinario alla presenza del Capo dello Stato.
Come riportato da Repubblica, l’intercettazione fra Fuzio e Palamara era nota ai consiglieri del Csm ben prima del citato plenum straordinario.
Un componente laico, secondo fonti del Csm, avrebbe fatto notare una similitudine con quanto accaduto a Luigi Spina, l’ex consigliere dimessosi perché indagato a Perugia dopo aver riferito a Palamara di contenuti sull’indagine a suo carico.
Ricusato Ardita
L’udienza di ieri dinanzi alla sezione disciplinare di Palazzo dei Marescialli è durata solo un’ora. Palamara ha ricusato, dopo Sebastiano Ardita, anche Piercamillo Davigo.
Entrambi, secondo il magistrato, si sarebbero già pronunciati in maniera dura sulla vicenda, e avrebbero a suo dire «anticipato il giudizio». La sezione, presieduta dal laico indicato dal Movimento 5 Stelle Fulvio Gigliotti, ha rinviato all’udienza del 9 luglio per la decisione.
Assente Fuzio, la Procura generale della Cassazione era rappresentata dagli avvocati generali della Suprema corte Pietro Gaeta e Luigi Salvato.
La memoria di Palamara
Palamara ha poi depositato, tramite i suoi legali, gli avvocati Benedetto e Mariano Marzocchi Buratti, e Roberto Rampioni, una memoria. «È l’incontro tra la componente laica e quella togata, previsto dalla Costituzione, che nella mia esperienza personale ha esaltato l’incontro tra magistratura e politica. Ho fatto parte di questo sistema condividendone pregi unitamente alla piena consapevolezza dei difetti, dei quali però non posso assumermi da solo tutte le responsabilità», scrive Palamara.
Che poi ammette: «Errori sicuramente ne sono stati commessi e rivolgo le scuse più sincere e profonde al Presidente della Repubblica». Dopodiché il magistrato smentisce ogni addebito.
«È vero, ho partecipato a cene ed incontri in occasione delle nomine ed anche in occasione della futura ed imminente nomina del procuratore di Roma. Durante il periodo consiliare 2014- 2018 sono stato oggetto di interessamenti di moltissimi colleghi per i più svariati motivi».
Fra le criticità, «la sfrenata corsa al carrierismo conseguente all’abolizione del criterio della anzianità e all’abbassamento dell’età pensionabile a 70 anni nonché la gerarchizzazione degli uffici requirenti che ha aumentato ruolo e poteri del procuratore della Repubblica anche nel rapporto con la polizia giudiziaria».
Fino al passaggio chiave: «Non ho mai barattato la mia funzione. Mai». Ma proprio su questo, sarà il collegio disciplinare a doover pronunciare l’ultima parola.