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Prima lotta alla mafia in Sicilia, poi il passaggio in Calabria dove ha messo in piedi il suo maxiprocesso alla ’ ndrangheta con l’operazione “Il Crimine”. Infine l’arrivo a Roma dove ha voluto mettere mano agli intrecci criminale del “Mondo di mezzo”. Il tutto passando per il caso Cucchi e l’omidicio Regeni.
Insomma, dopo 45 anni dedicati a combattere la criminalità organizzata Giuseppe Pignatone lascia gli uffici giudiziari di Roma, nel giorno del suo 70esimo compleanno. Una vita dedicata alla giustizia che ha visto nella Capitale l’ultima tappa di una carriera iniziata nel 1974 nella sua Sicilia dove ha trascorso oltre 30 anni occupandosi dei principali processi di mafia a Palermo, dopo una piccola parentesi a Caltanissetta.
Sempre nel capoluogo siciliano Pignatone conduce e porta a termine numerose indagini contro Cosa Nostra e negli anni ’ 80 mette sotto inchiesta il sindaco Dc Vito Ciancimino, poi condannato per mafia a sette anni. Nel 2003 è lui a mettere sotto indagine l’allora Presidente della Regione Siciliana, Totò Cuffaro, poi condannato definitivamente a 7 anni per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra. Gli anni alla Procura di Palermo per Pignatone si concludono con un fiore all’occhiello, l’aver coordinato le indagini, insieme con Michele Prestipino, che l’ 11 aprile 2009 hanno portato all’arresto del superlatitante Bernardo Provenzano.
Nel 2008 inizia il periodo alla Procura di Reggio Calabria, dove porta con sé Prestipino con l’obiettivo di puntare i fari contro la ’ ndrangheta, una mafia fra le più potenti.
Nei sette anni di Pignatone alla guida della Procura della Capitale le inchieste toccano la politica senza distinguo, dal sindaco trovato al suo arrivo Gianni Alemanno al ’ caso scontrinì di Ignazio Marino, chiuso con l’assoluzione in Cassazione, alle nomine di Virginia Raggi, fino ad arrivare alle indagini sul nuovo stadio della Roma che hanno portato in carcere il grillino Marcello De Vito.