PHOTO
Il 12 aprile dello scorso anno la camera approvò il decreto Minniti-Orlando sull’immigrazione con 240 voti a favore, 176 voti contrari e 12 astenuti. Sul provvedimento il governo pose la fiducia per convertire in legge il decreto stesso che rischiava di saltare per la scadenza dei tempi. Nessuno spazio per le opposizioni che non poterono avanzare alcun emendamento. Si era nell’imminenza di un’estate che avrebbe portato con se la tragedia dei migranti che tentavano di attraversare i mediterraneo e le inchieste sulle ong e le mai provate complicità con i trafficanti.Il tentativo del decreto era quello di porre in essere misure “urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché misure per il contrasto dell’immigrazione illegale”. [embed]https://youtu.be/Rgqx83rK6P0[/embed] Insomma si voleva mettere freno all’aumento di domande per protezione internazionale e incrementare il tasso delle espulsioni.Per ottenere questo si pensò di eliminare il secondo grado di giudizio per i richiedenti asilo che avrebbero fatto ricorso contro un diniego, abolire l’udienza, estendere i centri di detenzione per i migranti irregolari. Uno snellimento che prevedeva anche un rito camerale senza udienza (sostituito da una visione della registrazione del colloquio davanti la Commissione territoriale). Nessun contraddittorio tra ricorrente e giudice. Si modificò il diritto asservendolo a “necessità” politiche.Ma dopo un anno qual è lo stato dell’arte. A vedere bene sembra che il problema sia solo stato trasferito dai tribunali alla Corte di Cassazione. Lo spiega bene Antonello Ciervo avvocato dell’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione): « Il problema è che con la riforma del processo per lo status di rifugiato, il decreto Minniti Orlando ha sostanzialmente eliminato un grado di giudizio. Si applica il rito camerale derogando a tutta una serie di garanzie fondamentali per lo straniero rispetto al giusto processo e contemporaneamente si elimina il grado di appello. Così significa che tutti questi processi, se si conferma il diniego della Commissione territoriale , porteranno tutti a fare ricorso non più in appello ma direttamente in Cassazione». Una situazione denunciata anche dall’Anm (Associazione nazionale magistrati) che lo ha fatto presente il 13 febbraio anche allo stesso ministro della Giustizia Orlando. Se si prendono in esame i dati relativi al Tribunale di Roma si nota come in soli sei mesi,il numero dei ricorsi pendenti è pari a tutti quelli che ricadevano nel vecchio rito processuale. Il rischio è che questo numero già così elevato se aumenterà nei prossimi mesi potrà praticamente bloccare la Corte di Cassazione. A tutto ciò si aggiunge una campagna forsennata della destra che, all’indomani dei fatti di Macerata e della morte di Pamela Mastropietro, ha individuato nei rifugiati e in coloro che aspettano le decisioni dei tribunali per la concessione dell’asilo, l’obiettivo su cui riversare la rabbia popolare. Naturalmente nessun accenno alle storture di una riforma basata sull’illusione delle espulsioni facili e una fine delle partenze dalla Libia. Secondo l’avvocato Ciervo «dall’inizio di quest’anno si è registrata una controtendenza perché il numero degli sbarchi è di nuovo aumentato e così anche il numero delle richieste di asilo».