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Ebru Timtik e Aytaç Ünsal
Alla Corte europea dei diritti dell’Uomo non basta la morte di Ebru Timtik per considerare in pericolo di vita il suo collega Aytaç Ünsal, che ha deciso di digiunare come lei fino alla morte per ottenere un processo equo. E ciò nonostante il suo ruolo di organo a tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, che non le ha impedito, martedì sera, di respingere la domanda di rilascio, sostenendo che «non c'è pericolo imminente», così come aveva affermato per Timtik, poco tempo fa, la Corte Costituzionale. Una scelta che, come noto, si rivelò sbagliata: l’avvocata è infatti morta dopo 238 giorni di digiuno.
Ed ora a correre questo rischio è anche Ünsal, le cui condizioni, ha reso noto ieri sua madre Nermin Ünsal, anche lei avvocato, sono gravi. I giudici di Strasburgo hanno giustificato il rigetto sottolineando che l’Articolo 39 della Convenzione - relativo alle misure provvisorie, previste laddove ci si trovi al cospetto di gravi e potenzialmente irreparabili violazioni - viene applicato solo quando un ricorrente corre un rischio imminente di danni gravi e irreparabili per la propria vita e la propria incolumità fisica. Da qui la decisione di dire no alla luce dei referti medici e delle osservazioni del governo del 27 agosto scorso, deducendo che le condizioni di detenzione in ospedale «non rappresentano un rischio reale» per l’incolunmità di Aytaç Ünsal.
Ma pur negando all’avvocato la possibilità di uscire dal carcere, la Cedu ha riconosciuto tra le righe il pericolo per la sua vita, invitando il governo «ad adottare tutte le misure necessarie per garantire che Aytaç Ünsal sia protetto dal Covid- 19 e che i suoi diritti ai sensi degli articoli 2 e 3 della Convenzione siano rispettati». I giudici hanno anche invitato il governo a tener conto della richiesta di Ünsal di consultare medici scelti personalmente, qualora lo richiedesse, al fine di prendere una decisione sull'opportunità o meno di annullare lo sciopero della fame e ribadendo allo stesso avvocato l’invito ad interrompere la protesta. Una scelta discutibile, non solo alla luce della morte di Timtik, che ha affrontato lo stesso identico percorso ora affrontato dal collega, ma anche considerando che il presidente della Cedu, Robert Ragnar Spanò, ha deciso di accettare il dottorato honoris causa che gli verrà conferito dall’Università statale di Istanbul, nonostante la Turchia sia il secondo Paese per ricorsi alla Cedu per violazione dei diritti umani ( più di 8000 l’anno) ed il primo per numero di inottemperanze alle condanne subite. L'associazione di avvocati di sinistra Çhd, della quale anche Ünsal fa parte, ha presentato ieri una petizione alla 16a Camera Penale della Corte Suprema d'Appello per il rilascio del collega, esprimendo indignazione per la decisione assunta dalla Corte europea. «Sebbene la Cedu sia a conoscenza del fatto che Ebru è morta di recente a seguito del digiuno, e sebbene il tribunale abbia ricevuto segnalazioni dall'ospedale e dall'associazione medica che indicano rischi aggiuntivi da pandemia e le condizioni negative del centro di detenzione dell'ospedale, la richiesta di Aytaç è stata rifiutata - si legge in una nota -. In caso di eventi tristi in relazione alla sua vita, la responsabilità ricadrà su tutte le autorità giudiziarie che non adempiono alle loro responsabilità».
Ünsal, ha spiegato sua madre alla stampa, «non riesce a dormire a causa del dolore. Rimane sveglio tre ore dopo mezz'ora di sonno. Ha ferite in bocca, le sue mani sono insensibili. Quando si alza, afferma che le dita dei piedi sembrano tagliate e pressate nel sale. Ha difficoltà a camminare. La sensibilità al suono, alla luce e all'olfatto è aumentata. Siccome stiamo andando verso la morte in fretta, è necessario compiere un passo concreto se vogliamo mantenerla in vita. Chiedo alle autorità di impedire questa morte». Lo stesso Istituto di medicina legale di Istanbul ha confermato che l’avvocato «non può restare in prigione», anche perché, al momento, è detenuto in un ospedale Covid, con il rischio di accelerarne la morte. «Stanno cercando di uccidere anche lui», ha evidenziato la madre. Nel rapporto, firmato da sette medici del Kanuni Sultan Süleyman Training and Research Hospital, viene specificato che il sistema immunitario di Ünsal è al collasso e la sua permanenza in ospedale rischiosa, da qui la necessità di dimetterlo. Il rapporto, datato 5 agosto, è stato inviato alla Direzione Provinciale della Sanità, che però lo ha trattenuto per 16 giorni prima di inviarlo all’Alta Corte penale di Istanbul, da dove poi è stato spedito alla Corte Suprema.
Intanto continua il tentativo di repressione della categoria forense da parte del presidente Recep Tayyip Erdogan ha intanto chiesto la sospensione degli avvocati accusati di legami con il terrorismo a seguito delle proteste per la morte di Ebru Timtik. «Dovremmo discutere se debbano essere introdotti metodi come l'espulsione dalla professione per gli avvocati», ha detto Erdogan a giudici e pubblici ministeri durante una cerimonia ad Ankara. «Un avvocato che difende i terroristi non dovrebbe essere un terrorista. È molto doloroso che gli ordini, che dovrebbero essere istituzioni di giustizia, si siano trasformati nel cortile di organizzazioni terroristiche», ha concluso, aggiungendo che verranno prese ulteriori misure per riformare gli ordini degli avvocati.