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«Abbiamo intenzione di inviare personale in Italia per valutare il riferito forte incremento di atti di violenza e di razzismo contro migranti, persone di discendenza africana e Rom». Anche l’Onu interviene sulla situazione italiana e lo fa con i massimi vertici, da Ginevra Michelle Bachelet, neo Alto commissario Onu per i diritti umani, aprendo i lavori del Consiglio Onu per i diritti umani ha annunciato che una squadra sarà inviata, per motivi analoghi, anche in Austria. «Il Governo italiano - ha continuato Bachelet - ha negato l'ingresso di navi di soccorso delle Ong. Questo tipo di atteggiamento politico e di altri sviluppi recenti hanno conseguenze devastanti per molte persone già vulnerabili. Anche se il numero dei migranti che attraversano il Mediterraneo è diminuito, il tasso di mortalità per coloro che compiono la traversata è risultato nei primi sei mesi dell'anno ancora più elevato rispetto al passato». Un’ affermazione che contrasta con le politiche del ministro dell’Interno Matteo Salvini il quale continua ad agitare lo spettro dell’invasione ma che pare costretto a fare marcia indietro sulle espulsioni di massa. «Per ora l'unico accordo che funziona è quello con la Tunisia. Ne rimpatriamo 80 a settimana ma anche se ne espelliamo 100 ci metteremo 80 anni». Il ministro scopre così quello che era noto a tutti, i rimpatri così come concepiti non sono assolutamente fattibili, almeno nei termini annunciati in campagna elettorale. «Andrò in Tunisia entro settembre –ha continuato Salvini -da lì ne sono arrivati più di 4mila e non c'è guerra, carestia, peste e non si capisce perchè». L’ammissione esplicita, quasi una confessione, è andata in onda durante un’intervista ieri a Radio Rtl 102.5. Il ministro continua a chiedersi retoricamente perché continuino ad arrivare persone, una costatazione che fa a pugni con il fatto che dopo quattro mesi di governo il Viminale non è riuscito ancora a stabilire accordi nuovi con i paesi di provenienza degli immigrati. Rimangono in piedi i quattro con Tunisia, Nigeria, Egitto e Marocco, lascito del precedente governo che certo non potranno mai far raggiungere la cifra dei 500mila rimpatri sbandierati a più riprese. Manca poi qualsiasi intesa con paesi come Senegal, Gambia e Costa d’Avorio che, nel periodo più intenso della crisi migratoria nel 2016, hanno costituito il 20% degli arrivi secondo i dati Onu. Intanto la situazione è cambiata, le politiche anti immigrazione sia del predecessore di Salvini, Marco Minniti, e la chiusura alle ong hanno drasticamente ridotto gli sbarchi dell’80%, spostando le rotte migratorie nel mediterraneo verso la Spagna. Ma il contesto potrebbe nuovamente capovolgersi a causa della crisi libica dove è deflagrata completamente la guerra civile. Mostrano la corda gli annunci di questa estate riguardo i rinnovati impegni con il governo libico di Serraji, il regalo delle 12 motovedette e l’addestramento della Guardia costiera libica. Anche perché, come già si sapeva, quest’ultima è divisa nella sua appartenenza proprio alle milizie che ora si combattono. E’ di queste ore la denuncia dell’ Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) sulla gravissima condizione che vivono i migranti intrappolati in Libia in mezzo ai combattimenti che stanno sconvolgendo Tripoli nonostante la tregua raggiunta la scorsa settimana. L’Unhcr parla di «atrocità indicibili commesse contro i rifugiati e i richiedenti asilo nelle strade di Tripoli, tra cui stupri, rapimenti e torture». Molte persone detenute nei centri per migranti di Tripoli sono fuggiti per paura di essere colpiti dalle pioggie di razzi sparati da un fronte all’altro, in questa maniera però cadono spesso in mano alle bande incontrollate (milizie o gruppi di criminali fuggiti dalle prigioni) che li catturano per poi estorcere ancora denaro. Per questo l’Onu chiede che sia messa a regime la struttura di raccolta e partenza a Tripoli, che fungerà da piattaforma per raggiungere la sicurezza in paesi terzi e che sarà gestita dal Ministero degli interni libico e dall'Agenzia Onu. La struttura ha la capacità di ospitare 1.000 rifugiati vulnerabili e richiedenti asilo ed è pronta per l'uso.