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Una seduta del Consiglio Superiore della Magistratura
«Il procuratore della Repubblica? Un monarca assoluto». Parola del giudice Andrea Mirenda, attuale consigliere del Consiglio superiore della magistratura, intervenuto ieri in Plenum durante il dibattito sulla delibera relativa alla “presa d’atto” della revoca del fascicolo sull'avvocato Piero Amara assegnato all'allora pm romano Stefano Rocco Fava. «Il tessuto normativo non lascia spazi», ha aggiunto Mirenda, domandandosi quanto resti di quel «feticcio dell'unità culturale della giurisdizione su cui si fonda l'orientamento di chi è contrario alla separazione alla carriere.
I magistrati giudicanti si distinguono solo per funzioni mentre i pm devono fare i conti con la “gerarchizzazione” delle procure», ha quindi ricordato il togato, facendo riferimento ai poteri, ad iniziare da quello di revoca del fascicolo in caso di dissenso, che le norme sull'ordinamento giudiziario del 2006, per nulla intaccate dalla recente riforma Cartabia, attribuiscono ai procuratori della Repubblica.
Una considerazione, proprio perché fatta da un magistrato, che vale più delle tante discussioni che da anni affrontano il tema della separazione delle carriere e del ruolo del pm. Con sei astensioni, l’indipendente Mirenda, i togati Mimma Miele (Magistratura democratica) e Bernadette Nicotra (Magistratura indipendente), i laici Rosanna Natoli e Felice Giuffrè, entrambi di FdI, e Claudia Eccher (Lega), la delibera è stata comunque approvata. Soddisfatta la relatrice della pratica, la togata Maria Vittoria Marchianò (Mi).
La “presa d’atto” riguardava il provvedimento con il quale Giuseppe Pignatone, ex procuratore della Repubblica di Roma, a marzo del 2019, aveva revocato l’assegnazione a Fava del procedimento che vedeva indagato, tra gli altri, il noto avvocato siciliano Piero Amara. Nei confronti di quest'ultimo Fava aveva predisposto una misura cautelare personale ed una richiesta di sequestro di 25milioni di euro che l’indagato aveva illecitamente sottratto all’Eni di cui era il legale esterno.
Nel dibattito, oltre a Mirenda, sono intervenuti alcuni consiglieri. Miele ha evidenziato che non si capisce in che termini l’iniziativa di Pignatone era compatibile con i provvedimenti organizzativi dell’ufficio, i colleghi Tullio Morello (Area) e Roberto Fontana (indipendente) hanno invece ribadito che la legge, pur non condivisibile, consente al procuratore di revocare il procedimento anche per questioni di merito. «La legge è questa e deve essere applicata perché non si può essere obiettori di coscienza», ha aggiunto Morello.
Un argomento ripreso anche dal laico Ernesto Carbone (Iv). Per chi in questi anni ha seguito tale vicenda, ciò che è ampiamente emerso dalla discussione, così come dalla stessa proposta di delibera, è la sicura e certa circostanza che il Csm non abbia sottoposto all’esame di “congruità”, come prescritto dalla circolare, il provvedimento di revoca.
Il Plenum non si è posto neppure nella condizione di farlo poiché non ha mai acquisito gli atti del procedimento e neppure le richieste cautelari che erano state approntate da Fava e a cui Pignatone si era rifiutato di apporre il visto. Per fare un esempio, è come se il giudice d’appello avesse deciso senza acquisire né gli atti né la sentenza emessa nel primo grado.
Sul punto la stessa Marchianò alla fine della discussione ha affermato che il dissenso cadeva su aspetti «marginali», mentre, al contrario, il dissenso cadeva sulla misura richiesta per ben dieci indagati e, tra questi, anche Amara. Per la cronaca i fatti contestati ad Amara da Fava erano stati successivamente oggetto di provvedimenti cautelari da parte di altre Procure. Inoltre né nella delibera della Commissione né nella discussione al Plenum si è fatto il minimo riferimento alla circostanza che il fratello di Pignatone fosse in rapporti economici e professionali proprio con l’avvocato Amara, come riportato da Fava nelle sue osservazioni.
La discussione, si è saputo solo ieri, è avvenuta ad anni di distanza perché la Procura di Roma aveva opposto il segreto sul fascicolo fino alla scorsa estate. «Il tema della revoca dell’assegnazione è ovviamente molto delicato», ha dichiarato al termine del dibattito Fontana.
Il Plenum, sempre ieri, ha poi deliberato l’avvio dell’iter della nuova circolare sui criteri organizzativi delle procure, prevedendo una serie d’incontri con i procuratori e con i sostituti per costruire la nuova circolare “Procure” con ampio confronto. «Uno dei punti specificamente individuati come oggetto di particolare approfondimento sarà quello sulla revoca delle assegnazioni», ha precisato Fontana.