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È iniziato ieri pomeriggio il corso organizzato dal Consiglio nazionale forense, indirizzato ad avvocate e avvocati a cui saranno riconosciuti 18 crediti formativi, sull’inclusività delle persone LGBTIQ+ che sono a rischio di discriminazione per motivi di orientamento sessuale, identità di genere e razziali nella società e nelle relazioni professionali.
Il progetto formativo, al quale si sono iscritti oltre 500 legali, si articola in nove lezioni per un totale di venti ore di formazione sulle pratiche di inclusione a favore dei soggetti a rischio di discriminazione, modulate in tre mesi, fino al 29 aprile. La prima lezione è stata introdotta dalla presidente facente funzioni del Cnf Maria Masi, a cui sono seguiti una “lectio magistralis” del presidente emerito del Cnf Guido Alpa e un dibattito sul ruolo dell’avvocatura nella difesa dei diritti fondamentali con il consigliere nazionale Francesco Caia, coordinatore della commissione Diritti umani, Stefania Stefanelli, professoressa associata dell’università di Perugia, Vincenzo Miri, presidente di Avvocatura per i diritti LGBTI- Rete Lenford e Hilarry Sedu, consigliere dell’Ordine degli avvocati di Napoli.
«Il corso del Cnf - afferma la presidente Masi - è la prima esperienza di attività integrata, per le pari opportunità, nell’accezione più ampia e in questo caso con riferimento ai diritti umani. Come avvocati reputiamo fondamentale apportare il nostro contributo al tema dell’inclusione e della diversità attraverso non solo la difesa dei diritti ma anche con la promozione degli stessi nella società e nelle relazioni professionali. Il tema dell’inclusione è da considerarsi, soprattutto oggi, in cui il rischio di affievolimento dei diritti soggettivi è maggiore, un imperativo categorico nell’assolvimento della funzione sociale della avvocatura. Le notizie di cronaca anche recente, purtroppo, - conclude la presidente del Cnf - rinviano a fatti ed avvenimenti non solo non giustificabili nell’ambito della comunità sul piano etico ma gravemente lesivi della dignità umana». Il tema è poi stato ripreso dal consigliere Francesco Caia - da sempre attentissimo ai temi dei diritti umani - che ha inserito l’iniziativa all’interno di una lunga battaglia del Cnf: «Questo corso - ha infatti spiegato Caia - non poteva che iniziare sul tema dei diritti fondamentali e il ruolo dell’avvocatura. Un ruolo che deve essere valorizzato ed evidenziato, soprattutto ora. Il Cnf da sempre è impegnato nella difesa dei diritti fondamentali. Un tema centrale al livello anche europeo e noi avvocati siamo i difensori naturali dei diritti».
Anche il presidente emerito del Cnf Guido Alpa ha iniziato la sua lectio magistralis sottolineando la continuità dell’impegno, da parte della massima istituzione forense, sul tema dei diritti umani. «Già nel 2010 ha ricordato - il Cnf promosse iniziative che muovevano dai diritti della donna e dei migranti e altre vicende che riguardavano la storia della nostra professione, la storia del Cnf e quelle degli Ordini locali. Mi riferisco alle iniziative assunte nel periodo delle discriminazioni razziali e alla consapevolezza, da parte del Cnf, che quell’epoca storica era costata a molti avvocati la possibilità di esercitare la professione, a volte le libertà e, talvolta, la vita stessa».
«Ecco - ha spiegato Alpa - il Cnf ha preso contatti con le comunità israelitiche, e grazie al lavoro della memoria ha riabilitato tutti coloro che erano stati danneggiati per ridare loro la dignità perduta. E mi piace ricordare - ha continuato Alpa - che l’Ordine di Rovereto per primo ha deliberato di riammettere all’albo un avvocato ebreo che ne era stato cancellato».
«Quando si pone il problema della tutela dei diritti fondamentali legati al ruolo dell’avvocato, nascono problemi di carattere lessicale», ha spiegato Alpa. «Così dobbiamo procedere con delle convenzioni linguistiche per definire esattamente l’area dei diritti di cui parliamo, e che sono oggetto della tutela. Perché dal punto di vista sostanziale queste posizioni soggettive che riguardano la persona possono essere definite in diversi modi. Possono essere qualificate come diritti umani, come diritti fondamentali e come diritti costituzionalmente garantiti. Divergono invece dal punto di vista processuale, ed è molto importante per l’avvocato che si pone il problema di difendere questi diritti. E a proposito della difesa di questi diritti, si parla di una difesa multilivello perché a seconda della loro qualificazione cambiano le loro forme di tutela e cambia la competenza del giudice che deve pronunciarsi. Tutte le volte che parliamo di diritti fondamentali e umani, se partiamo da un prospettiva processuale, dobbiamo distinguere le diverse categorie e le competenze del giudice».
Poi il lungo e approfondito excursus storico: «I diritti umani hanno una storia secolare: nella Dichiarazione di diritti della Rivoluzione francese si parlava di diritti dell’uomo e del cittadino, e nell’ambito dei diritti dell’uomo si individuavano soprattutto le libertà e la proprietà. Così è avvenuto nelle Costituzioni moderne che collocavano al loro interno o in epigrafe o nel corpo del testo una sorta di elenco dei diritti e delle libertà fondamentali riconosciuti all’uomo in quanto tale. In altre esperienze abbiamo, per esempio in Germania, la costituzione di Weimar che nel ’ 19 ha inserito i diritti umani all’interno della Costituzione nelle disposizioni successive, quelle che dipingevano l’organizzazione dello Stato. Le nuove Costituzioni, quelle del secondo dopoguerra, si aprono con le libertà fondamentali. Mi riferisco alle Costituzioni italiana, tedesca, a quella portoghese e spagnola che sono le più recenti. Nell’ambito di questa categoria ci sono anche le libertà economiche, e tra libertà fondamentali c’è il diritto al lavoro, la tutela delle professioni e la libertà di impresa. E poi tutti quei diritti sociali che riguardano i rapporti di lavoro, i diritti previdenziali e quelle forme di cooperazione e sostegno che lo Stato dà all’individuo in base al principio di solidarietà», ha ricordato ancora il professor Alpa.
«Quando si parla di diritti umani e diritti fondamentali, ci si preoccupa anche della lotta alla discriminazione, tanto è vero che in alcuni testi più recenti - per esempio la Convenzione europea dei diritti umani del ’ 50 - contiengono un articolo intitolato “Divieto di discriminazioni”, in cui si indicano le ragioni per cui le persone socialmente deboli per religione, orientamento sessuale o per le loro idee possono essere oggetto di discriminazione, quindi di attività che ledono i loro diritti. A questo proposito si parla di minoranze: cioè di gruppi con particolari caratteristiche che appaiono disomogenee rispetto alla maggioranza e dalla maggioranza sono vessati. Dobbiamo quindi considerare questi diritti non solo come diritti individuali ma come diritti vantati da gruppi, e tutto ciò comporta un bilanciamento dei diritti. Nella nostra tradizione costituzionale questi valori sono tra loro posti in correlazione e tra loro bilanciati. In altri termini il principio di uguaglianza viene osservato dal punto di vista formale e sostanziale: vi possono essere trattamenti differenziati ma sempre che siano giustificati da ragioni particolari e sulla base di questo bilanciamento».
«L’unica Costituzione che non accetta il bilanciamento degli interessi è quella tedesca - ha spiegato Alpa - perché la dignità umana, diritto fondante di tutti diritti della persone, non è bilanciabile con altri, non è negoziabile né deve essere posto in correlazione con altri diritti. È un diritto assoluto e immodificabile e irrinunciabile; la dignità umana nella Carta costituzionale tedesca è il diritto cardine che non può essere limitato o contenuto rispetto ad altri diritti. Nella nostra tradizione la dignità è considerata bilanciabile con gli altri diritti fondamentali». «Non dobbiamo pensare, e questo è un insegnamento che mi ha lasciato il mio maestro Stefano Rodotà del quale vorrei consigliare a tutti il suo libro straordinariamente coraggioso “Il Diritto di avere diritti”, ecco, dicevo, non dobbiamo pensare che una volta che i diritti siano scritti e riconosciuti non richiedano più un’attività di difesa. Si tratta di diritti che si devono riconquistare giorno per giorno perché la struttura sociale, gli orientamenti politici che cambiano possono mettere in gioco e farli retrocedere in un cono di penombra e di minore protezione. Pensiamo al discorso d’odio, all’hate speech, una forma di manifestazione della discriminazione attraverso i mass media e i social media. E qui gli avvocati avrebbero molto da fare, perché sui media e sui social si susseguono migliaia di documenti anche falsi e questo fenomeno dà la misura della tutela dei diritti di una società in un determinato contesto storico. Ci siamo chiesti se possiamo intervenire per contenere i fenomeni di discriminazione razziali o che emarginano chi ha un diverso orientamento politico, religioso e sessuale. E la risposta è diversa a seconda dei diversi ordinamenti. Nel nostro la difesa è garantita perché sono diritti costituzionalmente garantiti. Ma in altri ordinamenti, penso a quello americano, la libertà di espressione prevale e quindi la tendenza è quella di consentire la circolazione di queste fake news», ha chiuso il professo Alpa.