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I 42 migranti a bordo della Sea Watch «sono vulnerabili», ma nemmeno per la Corte europea dei diritti dell’uomo possono sbarcare. Le loro speranze, dopo 13 giorni da ostaggi dell’ennesimo braccio di ferro politico, erano state affidate tutte a Strasburgo, chiamata a decidere se fossero necessarie misure provvisorie per sospendere la direttiva firmata da Matteo Salvini e dai colleghi Danilo Toninelli e Giovanni Tria, che vieta alla nave di entrare nelle acque italiane, pena una multa salatissima e il sequestro del mezzo.
Ma i giudici hanno negato quel «porto sicuro» chiesto dai migranti, limitandosi a contare «sulle autorità italiane affinché continuino a fornire l’assistenza necessaria alle persone a bordo», che sono «vulnerabili a causa della loro età o delle loro condizioni di salute». Una decisione che rappresenta soprattutto un assist al ministro dell’Interno che, comunque, aveva annunciato la linea dura, a prescindere dalla decisione della Cedu. «Anche la Corte Europea di Strasburgo conferma la scelta di ordine, buon senso, legalità e giustizia dell'Italia: porti chiusi ai trafficanti di esseri umani e ai loro complici - ha esultato - Meno partenze, meno sbarchi, meno morti, meno sprechi. Indietro non si torna».
E mentre il Garante nazionale per i diritti dei detenuti, Mauro Palma, ha presentato un esposto alla Procura di Roma per richiedere una verifica su «eventuali aspetti penalmente rilevanti» nel blocco della nave, con lo scopo di «fare cessare eventuali violazioni della libertà personale, incompatibili con i diritti garantiti dalla nostra Carta», il capitano tedesco della Sea Watch 3, Carola Rackete, si è detta pronta a correre il rischio di infrangere la direttiva di Salvini. E per «portare in salvo a Lampedusa» i migranti ormai sfiniti, stipati in tre metri quadrati a testa, ha spiegato a Repubblica, è pronta a rischiare l’accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e associazione a delinquere.
La decisione. La Corte ha sottoposto alcune domande al governo circa il numero di persone già sbarcate, la loro possibile vulnerabilità, le misure previste dal governo e la situazione a bordo della nave. Chiedendo conto, inoltre, ai migranti del le loro condizioni psicofisiche. E sulla base delle risposte arrivate a Strasburgo, i giudici hanno deciso di «di non indicare al governo italiano, ai sensi dell'articolo 39, il provvedimento provvisorio richiesto dai richiedenti, cioè l'autorizzazione a sbarcare in Italia». Invitando soltanto il nostro Paese a prendersi cura dei migranti.
L’appello. «Non ce la facciamo più, siamo come in prigione. Fateci sbarcare», hanno fatto sapere, tramite un video, i migranti a bordo della nave, affidandosi alla voce di uno di loro, Hermann. Che parlando a nome di tutti chiede un porto per poter sbarcare e interrompere un viaggio che sembra infinito, su una barca diventata ormai come la prigione dalla quale sono partiti. «Siamo tutti stanchi, siamo esausti, siamo strema - dice Hermann - Non possiamo fare niente, non possiamo camminare né muoverci, perché la barca è piccola, mentre noi siamo tanti. Non c’è spazio. Vi chiediamo aiuto».
Ma le sue parole sono scivolate addosso al ministro dell’Interno Matteo Salvini. «Possono stare lì fino a Natale e Capodanno», ha fatto sapere dal Viminale, richiamando al- le proprie responsabilità Olanda e Germania: la prima come paese di bandiera della nave, la seconda come paese di provenienza della ong. Arrivare in Olanda sarebbe «ridicolo», aveva già chiarito Rackete, ricordando che la vita dei migranti a bordo «viene prima di qualsiasi gioco politico o incriminazione».
Ma per Salvini è proprio la ong ad agire per scopi politici. «Un Paese come l’Italia non si fa dettare le regole sull’immigrazione da una Ong pagata chissà da chi - ha replicato - Questi stanno utilizzando per scopi politici 42 esseri umani, su una imbarcazione da 13 giorni. Sono inqualificabili».
La sua linea rimane quella dettata nel decreto sicurezza e le conseguenze potrebbero perciò essere sequestro del mezzo e multa fino a 50.000 euro. «Ognuno risponde di quel che fa», ha aggiunto il ministro, chiamando in causa l’Olanda. «Abbiamo avuto un'interlocuzione con l'ambasciata olandese che ci ha detto che abbiamo ragione ma la Sea Watch non è un problema loro. Ma se danno le bandiere a caso è un problema loro», sottolinea. E in Olanda ci sarebbero potuti arrivare tranquillamente, secondo Salvini, dato che l’attesa dura da due settimane. Così ha annunciato che riterrà «il governo olandese e l’Unione europea assente e lontana come sempre responsabili di qualunque cosa accadrà alle donne e agli uomini a bordo della Sea Watch».