La Corte d’Assise d’Appello di Milano ha disposto una nuova perizia psichiatrica per Alessia Pifferi, la donna condannata all’ergastolo in primo grado per l’omicidio della figlia Diana, abbandonata in casa per sei giorni e morta di stenti nell’estate del 2022. La decisione, accolta con favore dalla difesa, è stata motivata dalla necessità di chiarire un quadro probatorio ritenuto «incompleto, lacunoso e a tratti contraddittorio».

«Il compendio probatorio è incompleto e lacunoso, oltre che a tratti contraddittorio» hanno scritto i giudici, sottolineando che è «necessario e imprescindibile l'uso di esperti» per accertare lo stato mentale dell’imputata e il suo livello di responsabilità penale. Il collegio peritale riceverà ufficialmente l’incarico nella prossima udienza fissata per il 28 febbraio.

Divergenze tra le perizie

La decisione della Corte arriva in risposta alle differenze sostanziali tra le valutazioni psichiatriche effettuate nel corso del processo. Le principali perizie hanno infatti fornito esiti contrastanti: le psicologhe del carcere di San Vittore hanno evidenziato un quoziente intellettivo di 40, valore associato a un grave deficit cognitivo; la consulenza della difesa ha diagnosticato un disturbo cognitivo che avrebbe fortemente compromesso la capacità di intendere e di volere della donna; la perizia del pubblico ministero e quella d’ufficio, invece, hanno stabilito che Pifferi fosse pienamente capace di intendere e di volere al momento del fatto.

Per risolvere questa «distonia tra le relazioni degli esperti», i giudici hanno ritenuto necessario un nuovo esame che fornisca risposte definitive sulla condizione psichiatrica dell’imputata.

La difesa: «Va valutata da un altro psichiatra»

L’avvocata Alessia Pontenani, legale di Alessia Pifferi, ha insistito con forza affinché venisse disposta una nuova perizia, sostenendo che l’imputata soffra di un disturbo cognitivo che potrebbe aver influito sul tragico epilogo della vicenda. «Vi chiedo una nuova perizia. Chiedo di somministrare il test di Wais per capire come ragiona, vi chiedo di sottoporla a nuovi controlli (risonanza magnetica), vi chiedo di acquisire la documentazione che ho prodotto. Alessia Pifferi va rivalutata da un altro psichiatra. Insisto per la perizia, insisto con la perizia collegiale».

Secondo la legale, Pifferi non sarebbe una criminale nel senso tradizionale del termine, ma una persona con gravi problemi cognitivi che avrebbero influito sulle sue scelte. «Lei non è pazza, ma ha un disturbo cognitivo che potrebbe aver determinato la morte di Diana. Se fossi la famiglia, invece che chiedere di chiudere presto questo processo, vorrei sapere se ho una sorella o una figlia assassina oppure se è solo una donna con problemi». 

La pubblica accusa contesta la decisione: «Non servono nuove perizie»

La decisione della Corte d’Appello è un duro colpo per la pubblica accusa, che aveva sostenuto con forza la validità delle perizie già acquisite. L’avvocato generale Lucilla Tontodonati ha ribadito che non ci sono dubbi sulla capacità di intendere e di volere dell’imputata: «Non c’è nessun elemento che possa far pensare a una incapacità. Se l’uomo della strada può pensarlo per l’efferatezza del fatto, incomprensibile per il comune sentire – aver abbandonato la figlia per giorni –, non ogni delitto efferato si spiega con l’incapacità di intendere e volere. Non vi è alcuna necessità di effettuare una nuova perizia, ne abbiamo una che già risponde a ogni obiezione che è stata fatta». Anche la sorella dell’imputata, Viviana Pifferi, si è detta scettica riguardo alla necessità di una nuova perizia, ritenendo che sia solo una strategia difensiva per cercare di ottenere una pena più lieve.