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Domani a Montecitorio arriva la riforma sulle carriere separate dei magistrati
Sarà il primo provvedimento in aula nel 2025. Ed anche quello più atteso, andando a chiudere una parentesi tenuta aperta per 30 anni. La separazione delle carriere arriva domani alla Camera, con il voto sulle pregiudiziali, per poi tornare alla discussione, ufficialmente inaugurata il 9 dicembre. Giorno in cui, a Montecitorio, il dibattito si è diviso tra chi sostiene che la riforma darà finalmente la garanzia di un giudice terzo, contro lo strapotere della magistratura requirente, ponendo un freno al correntismo, e chi, invece, legge la riforma in ottica punitiva e come un tentativo di sottomettere i pm al potere politico. Contemporaneamente, a Palazzo Bachelet, il plenum del Consiglio superiore della magistratura discuterà le proposte di parere alla riforma.
Due visioni contrapposte, che ricalcano quelle politiche, e già tacciate dalla maggioranza come un tentativo delle toghe di invadere il campo della politica, pur essendo i pareri previsti dalla legge. Ma non trattandosi di valutazioni vincolanti, l’impatto sul voto dell’aula dovrebbe essere minimo, considerando anche che a dare manforte al governo ci sono anche da Azione e Italia viva. «Si tratta di una riforma condivisa da tutto il centrodestra e non si piantano bandierine come ha giustamente detto il vicepremier Tajani. È certamente una priorità della maggioranza - ha dichiarato ad Affaritaliani. it il sottosegretario alla Giustizia di Fratelli d’Italia Andrea Delmastro. Quest’anno sarà la priorità del governo e della maggioranza e contiamo di concludere l’iter parlamentare entro la fine del 2025».
Il disegno di legge è composto da 8 articoli, separando i pubblici ministeri dai giudici con norme specifiche per ciascuna carriera. Vengono istituiti due distinti organi di autogoverno, che avranno competenze relative a assunzioni, assegnazioni, trasferimenti, valutazioni professionali e conferimenti di funzioni. La presidenza di entrambi i Consigli sarà affidata al Presidente della Repubblica. I membri saranno scelti per un terzo tra professori e avvocati con almeno 15 anni di esperienza, e per due terzi tra magistrati giudicanti e requirenti, selezionati tramite sorteggio. Con la modifica dell’articolo 105, viene creata un’Alta Corte disciplinare con giurisdizione esclusiva sui magistrati, sia giudicanti che requirenti.
L’Alta Corte sarà composta da 15 giudici, selezionati dal Presidente della Repubblica, dal Parlamento e tramite sorteggio tra i magistrati. Il presidente dell'Alta Corte sarà scelto tra i componenti nominati dal Presidente della Repubblica e quelli sorteggiati dal Parlamento. Le sentenze dell’Alta Corte saranno impugnabili dinnanzi alla stessa Corte, che giudica in composizione differente. Una disciplina transitoria prevede un anno per l’adeguamento delle leggi sul Consiglio superiore della magistratura, sull’ordinamento giudiziario e sulla giurisdizione disciplinare, mantenendo in vigore le normative esistenti fino all’entrata in vigore delle nuove disposizioni.
La nuova architettura, secondo Delmastro, garantirà «finalmente il giusto processo, come da dettato costituzionale dell’articolo 111, con la terzietà, anche apparente e non solo effettiva, del giudice. Un giudice che, grazie al sorteggio, sarà libero dal peso delle correnti. Il meccanismo del sorteggio libererà quel 90% di giudici che vogliono compiere il loro dovere e che vogliono avanzare in carriera per meriti conseguiti sul campo e non per affiliazione a questa o a quella corrente».
L’attribuzione dei compiti disciplinari all’Alta Corte, ha aggiunto il sottosegretario, «sarà un elemento di garanzia: nessuno può essere giudice di se stesso sottolineo, infine, che non c’è alcun pericolo di sottomissione dei pubblici ministeri al potere esecutivo, perché ci sarà un doppio Csm. È evidente e solare che se oggi la garanzia di autonomia della magistratura è stata affidata ad un solo Csm, la previsione di due Csm, uno per la magistratura inquirente e uno per quella giudicante, dovrebbe raddoppiare le garanzie.
Questo banale ragionamento dovrebbe convincere della strumentalità delle critiche su questo punto specifico». Una riforma nel nome di Giovanni Falcone, ha concluso Delmastro, che aveva già indicato la necessità della separazione delle carriere senza perciò pensare ad una sottomissione dei pm al potere esecutivo. «La soverchia strumentalità della critica è la sua clamorosa inconsistenza mi fa intuire che è solo una questione di potere delle correnti - ha sottolineato -. Sono orgoglioso che la riforma sia all’insegna del pensiero di Falcone: un giudice che ha pagato molto l’isolamento proprio da quei centri di potere e che ha sempre e solo ed eroicamente voluto fare il suo dovere».