«Il Csm unico non avrebbe senso: una volta che le carriere sono separate devono essere separati i Csm anche dal punto di vista delle procedure concorsuali». Così il deputato di Forza Italia Pietro Pittalis, vice presidente della commissione Giustizia della Camera, ha risposto ad alcune indiscrezioni apparse sabato sul Messaggero secondo le quali la premier Meloni sarebbe pronta a riaprire il dialogo con la nuova Anm di Cesare Parodi escludendo la possibilità di due Csm separati – uno per i giudici, l’altro per i pm -, ma lasciando quello attuale diviso però in due sezioni. A questa apertura si erano aggiunte quelle di qualche giorno fa relative al sorteggio; pensiamo, ad esempio, a quanto detto dal capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Galeazzo Bignami. Ma gli azzurri, che della riforma ne hanno fatto un vero e proprio vessillo, non sono invece disposti a concedere nulla: «Il testo è assolutamente un’ottima sintesi ed è stato votato anche da una parte dell’opposizione, su questo andiamo avanti. Il testo è quello, non ci sono modifiche», ha ribadito Pittalis.

Di queste prese di posizione degli azzurri dovrà tenere conto la presidente del Consiglio in vista dell’incontro con la Giunta dell’Anm programmato per il 5 marzo: non vorrà di certo aprire una crisi interna su quella che al momento sembra essere l’unica grande riforma che andrà a dama, a differenza di quella dell’autonomia e del premierato. Per quanto possa riaprirsi un dialogo tra politica e magistratura con il cambio di presidenza dell’Anm, all’interno degli azionisti di Governo ci sono sensibilità diverse e non si possono sottovalutare. Inoltre quella di due Csm separati è il cuore della modifica costituzionale che porta il nome del ministro Nordio, che porta la separazione delle carriere al centro dell’organizzazione amministrativa del governo autonomo della magistratura. A livello simbolico, se il governo dovesse cedere su questo punto, sarebbe considerato un grande passo indietro per l’Esecutivo e una parziale vittoria della magistratura. Un Csm, pur unitario, ma suddiviso in due sezioni, era stato previsto in altri passati progetti di revisione. Ma poi fu archiviato. Come sappiamo uno dei motivi che utilizzano i fautori della separazione delle carriere è quello per cui “controllore” e “controllato”, ossia giudice e pubblico ministero, non possono appartenere a un unico ordine, non possono essere sottoposti al potere disciplinare di un unico organo, non possono condividere i medesimi meccanismi di selezione elettorale della loro classe dirigente.

Sulla questione disciplinare, la riforma in discussione al Senato, e già approvato alla Camera, risolve il problema ipotizzando la creazione dell’Alta Corte. Sugli altri aspetti appunto prevede due Csm separati, condizione che eviterebbe, agli occhi dei favorevoli, che i pm possano decidere sulla carriera dei giudici. Due Consigli separati renderebbero, dal punto di vista dell’avvocatura e delle forze di maggioranza, il giudice più libero di non appiattirsi sulla tesi del pm, non avendo più il timore di vedersi la carriera rallentata in caso di decisione sgradita. Tesi sempre respinta dalla magistratura, soprattutto requirente, adducendo tra l’altro che, all’interno del Csm, la componente dei giudici è maggiore di quella dei pm, e quindi non potrebbero esercitare tutto questo potere. Adesso, però, la domanda che si pone è come il governo, in primis Meloni e Mantovano, come raccontato dal Messaggero, vogliano declinare la modifica. Come ci spiega il professor Giorgio Spangher, «dovrebbe essere dettagliato tutto con legge ordinaria che dovrebbe risolvere diverse questioni che così rimangono aperte. Ad esempio, ci sarebbero due elezioni distinte?». In generale, critica Spangher, «se si iniziano a fare trattative di questo tipo si va verso uno svuotamento della riforma. Pensiamo al fatto che sia giudici che pm resterebbero entrambi a Palazzo Bachelet, e quindi non verrebbe meno quella osmosi che la riforma vorrebbe scongiurare». Altre questioni che rimangono aperte: i pareri sulle riforme sarebbero dati in maniera distinta? E così anche le valutazioni di professionalità? Insomma, il tema sia a livello simbolico che a livello legislativo non è affatto di facile trattazione. Entrambi gli schieramenti – Anm e Palazzo Chigi – dovranno fare lunghi ragionamenti e la matassa non si scioglierebbe in un dì.