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Molto probabilmente la coraggiosa capitana Carola Rackete della Sea Watch deciderà, nonostante la Corte europea per i diritti dell’Uomo abbia respinto inspiegabilmente il ricorso, di far scendere i passeggeri che dal 12 giugno attendono al largo dell’isola di Lampedusa. Rischia molto: di perdere la nave e di essere accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di associazione a delinquere. Ma giustamente pensa che la misura sia colma e che le 42 persone, costrette a stare in mezzo al mare senza potersi muovere, abbiamo il diritto di raggiungere la terra ferma e di essere assistite. Sono persone che sono state chiuse nei terribili campi libici.
Pensavano che per loro fosse finita, che una volta scappati la comunità internazionale si sarebbe presa cura di loro. Invece sono lì, senza speranza. Il ministro dell’Interno italiano, Matteo Salvini, ha ribadito il suo no, dicendo che per lui possono stare sulla nave anche fino a Natale. L’assenza dell’Europa in queste ore è fortissima, ancora di più si avverte come insensato il pugno di ferro del governo italiano che per far valere le sue ragioni con l’Ue se la prende con i più indifesi.
È uno spettacolo che di ora in ora diventa più intollerabile: ogni minuto che passa senza risolvere la situazione, allontana i passeggeri della Sea Watch dai loro sogni e dalla salvezza, a noi dalla nostra umanità. È un po’ come se in questi mesi, ogni volta che si ripropone la questione dei porti chiusi, ci si abituasse alle immagini delle persone lasciate in mezzo al mare.
Questo non deve accadere. Non ci si deve né ci si può abituare. Eppure ci sono persone che vedendo l’appello di uno degli ospiti della Ong, in cui si chiede di farli scendere, scrivono che è tutto falso, che non è vero che stanno male e che dall’aspetto si deduce che non dicano la verità. Il rischio è quello di distorcere la realtà, di farne una rappresentazione a proprio uso e consumo. Ma la verità è che quelle sono persone che fuggono da guerre e povertà.
Li chiamano clandestini, ma in Italia non possono arrivare in maniera diversa perché da anni non si fanno decreti che regolino i flussi. Eppure di loro c’è bisogno: in molti settori del mondo del lavoro e ormai lo dico tutti gli esperti - per contrastare il calo demografico che si sta abbattendo sull’Italia con gravi danni anche dal punto di vista economico. Molti di loro non vogliono stare in Italia considerato, a ragione, un Paese poco ospitale e senza prospettive. Il gesto di farli scendere, che Carola ha promesso di compiere, è un atto di disobbedienza civile: un atto di pietà per i migranti, un atto che salva noi dal diventare disumani. Capitana coraggiosa, grazie.