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La politica fa finta di non vedere Bibbiano, sosteneva ieri, dalle colonne del Fatto Quotidiano, Selvaggia Lucarelli. O meglio il Pd, che trincerandosi dietro la frase “Bibbiano non esiste” avrebbe messo fine alle polemiche sui presunti affidi illeciti scoperchiati dalla procura di Reggio Emilia con l’inchiesta “Angeli e Demoni”.
La critica di Lucarelli parte dal presupposto che in Emilia Romagna l’analisi sulla questione che rimane a tutt’oggi un’ipotesi di reato che ancora non ha varcato le soglie di un’aula di tribunale sia stata affidata ad una commissione tecnica composta, in buona sostanza, da soggetti collaterali alla vicenda. Insomma, gente che in qualche modo con quel sistema c’entrava e che non avrebbe dunque la necessaria obiettività per analizzare i fatti.
In sostanza Lucarelli punta il dito contro la commissione tecnica presieduta da Giuliano Limonta, esperto di neuropsichiatra infantile, affiancato da collaboratori del Cismai, il coordinamento dei servizi contro i maltrattamenti di cui faceva parte anche Claudio Foti, della Hansel& Gretel, finita nello scandalo “Angeli e Demoni”. Il timore, comprensibile, è che il controllato e il controllore corrispondano alla stessa persona, fornendo dunque una comoda scappatoia alla politica per camuffare il silenzio dietro un gran baccano.
Ma la commissione tecnica di cui parla Lucarelli non è l’unica. Ve n’è in realtà, un’altra, squisitamente politica, composta da 27 consiglieri regionali e presieduta da Giuseppe Boschini, del Pd, affiancato da esponenti provenienti, oltre che dal Partito Democratico, anche da M5S, Lega, Sinistra Italiana, Fratelli d’Italia, L’Altra Emilia e Gruppo Misto.
Una commissione che il 14 novembre scorso ha concluso i propri lavori, dopo 45 audizioni, l’acquisizione di documenti e vari confronti politici e di metodo, con una relazione di 250 pagine che analizza numeri, norme e dichiarazioni. Insomma, se n’è parlato. E anche prendendo posizione politicamente, se è vero, com’è vero, che il governatore dem emiliano, Stefano Bonaccini, ha annunciato la costituzione di parte civile della Regione in caso di processo. Ma non solo: la commissione politica, proprio per scansare qualsiasi accusa di semplificazione e di insabbiamento, ha messo in evidenza tutte le criticità del sistema affidi, proponendo alcuni correttivi per renderlo più efficiente e fornire più garanzie di tutela ai minori.
Ma nelle sue conclusioni ha smentito anche le fake news, a partire da un fatto: non è mai stata affidata a privati la valutazione dei casi dei minori e quindi nemmeno l’analisi delle situazioni familiari o le segnalazioni alla magistratura. A causa di una cronica carenza d’organico nel pubblico, invece, il privato sociale subentra nella fase successiva, ovvero nella gestione delle comunità di accoglienza, che entrano in campo quando non ci sono famiglie affidatarie o un contesto familiare idoneo. E poi ha restituito la misura dell’inchiesta: su 2500 operatori sociali, sono sette quelli indagati, per sei casi su circa 3000 minori fuori famiglia.
Ma andiamo ai numeri, dunque. Che vanno incrociati, per iniziare, con quelli forniti dal ministero della Giustizia al termine della prima fase dei lavori della squadra speciale voluta da Alfonso Bonafede. Il dato finale fornito da via Arenula, relativo agli ultimi 18 mesi, parla di 12.338 minori collocati fuori famiglia in tutta Italia. E in questo panorama, risulta tra i più bassi il numero a quello relativo alla sola Emilia Romagna, dove stando ai dati forniti dal presidente del tribunale dei minori di Bologna, Giuseppe Spadaro, nello stesso arco di tempo sono stati eseguiti 249 allontanamenti, dei quali 116 conclusi con un ricongiungimento. E a ciò si aggiunge un ulteriore dato: il 45% di tali casi riguarda adolescenti - quindi situazioni estranee al cosiddetto “caso Bibbiano” - per i quali a richiedere l’affido è stata la stessa famiglia. Si tratta, dunque, di allontanamenti consensuali, pensati per risolvere situazioni di disagio.
I numeri, ovviamente, cambiano considerando il dato complessivo degli interventi, che comprende anche quelli in corso dagli anni precedenti. In totale, al 31 dicembre 2017, erano 2970 i minori fuori famiglia, dei quali 1529 in affido familiare, in 452 casi consensuale. Di questi, nella famigerata Val d’Enza, 17 Comuni i cui servizi sociali sono finiti al centro dell’inchiesta “Angeli e Demoni”, il numero totale è di 64, dei quali 25 su richiesta della stessa famiglia.
E nei casi in cui il tasso di minori fuori famiglia risulta maggiore rispetto alla media regionale - come Piacenza ( 6,55), Reggio Emilia ( 5,71) e Bologna ( 4,90) -, così come in quelli per cui le percentuali di ricorso all’affido familiare risultano più alte - Piacenza ( 4,61) e Reggio Emilia ( 4,29), compresa la Val d’Enza ( 3,32) - «si riscontra un forte ricorso agli strumenti dell’affido consensuale», ossia «un progetto condiviso con la famiglia e che non comporta quindi allontanamenti di tipo traumatico».
Un dato interessante se si pensa che rispetto ad una media regionale pari a 0,64, nella Val d’Enza il ricorso all’allontanamento consensuale è pari a 1,80. Uno dei problemi emersi dalla relazione è quello della durata degli affidi: il totale in corso da più di 24 mesi, tempo previsto dalla norma di riferimento, «risulta pari a circa il 67%». Ma importanti sono anche le classi d’età: i minori in affido da zero a 10 anni rappresentano il 40% del totale, con un picco nella fascia 6- 10 ( 27,34%).
Le proposte normative, anche a seguito dell’audizione del presidente Spadaro, non sono mancate, con l’impegno, da parte della Regione, di farsi parte attiva nell’accompagnare i processi di riforma. Tra queste due in particolare: una revisione delle procedure d’urgenza per l’allontanamento transitorio dei minori, con criteri di garanzia e rappresentanza per le famiglie e per il minore stesso, assicurando in tempi certi un adeguato contraddittorio; e l’istituzione di una sorta di “codice rosso minori”, che analogamente a quello istituito per la violenza di genere «consenta un triage approfondito, ma preferenziale e quindi rapido, per i casi urgenti di intervento sul maltrattamento e abuso ai minori, in un quadro giuridicamente chiaro, vigilato direttamente dalla autorità giudiziaria, e con le opportune garanzie giuridiche per tutti gli attori coinvolti».