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Fu la scuola a manifestare preoccupazione e segnalare i comportamenti sessualizzati del piccolo N. al servizio sociale, che riportò fedelmente tutti i disagi del bambino nella relazione inviata al Tribunale per i minorenni. Comportamenti appuntati anche in cartella clinica, dove com’è emerso nel corso delle precedenti udienze, era stato segnalato che «il fratello di 10 anni gli monta sopra e mima atti sessuali». La conferma è arrivata nel corso dell’ultima udienza del processo sui presunti affidi illeciti in Val d’Enza, che conta 17 imputati. E dove, una dopo l’altra, hanno sfilato le persone che avevano manifestato preoccupazione per le sorti di N., al punto da sollecitare i servizi ad intervenire. Gli assistenti sociali erano stati allertati nel 2014 con una relazione dettagliata di cinque pagine, nella quale si evidenziavano i problemi relativi all’aggressività, al controllo degli sfinteri e anche gli atti auto ed etero masturbatori sui compagni. In relazione a questi ultimi episodi, la responsabile dei servizi educativi e le insegnati della scuola d'infanzia appuntarono anche, in quel documento, che il bambino, interrogato dagli insegnanti stessi, aveva chiarito che si trattava di un gioco praticato col fratellastro, assieme ai baci, «quando vanno a letto». I comportamenti del bambino erano stati monitorati per anni dalla scuola, che aveva poi documentato nella sua relazione il progressivo peggioramento del comportamento di N., fatto anche di iperattività e aggressività. Documenti che non sono stati riportati - nella loro complessità e gravità - nella motivazione della richiesta di misure cautelari e che sono stati prodotti a processo dalle difese.
Nel corso dell’udienza di mercoledì è stata sentita una delle maestre, Isabella La Rosa, che a sommarie informazioni, dopo gli arresti, aveva dichiarato che le condotte sessualizzate del minore erano frutto dell’emulazione di un altro compagno. Un fatto mai segnalato, però, nelle relazioni, dove l’emulazione viene tirata in ballo solo per i comportamenti aggressivi. E, soprattutto, sul minore “imitato” non c’è invece alcuna segnalazione. Un elemento evidenziato dall’avvocato Rossella Ognibene, difensore (insieme a Oliviero Mazza) di Federica Anghinolfi, responsabile del servizio sociale, che ha depositato nel corso delle precedenti udienze documenti su documenti che dimostrano la corrispondenza tra le segnalazioni della scuola e le relazioni del servizio sociale. L’altro bambino, ha risposto la teste, non sarebbe stato segnalato perché i suoi comportamenti avevano un senso «spiritoso». Questa emulazione del compagno non è stata riferita però né alla neuropsichiatra né ai servizi sociali né ai genitori di N., né è mai stata messa nero su bianco in una segnalazione ulteriore. Contraddizioni che hanno spinto la teste a mettere in dubbio di aver mai condiviso questa informazione con altre insegnanti.
Sul banco dei testimoni è salita anche Maria Angela Leni, coordinatrice pedagogica e tra i firmatari della segnalazione, che ha chiarito come la relazione della scuola fosse stata scritta in completa autonomia dalle insegnanti, senza alcuna interferenza da parte dei Servizi. Secondo la teste, la situazione di N. era meritevole di essere segnalata agli assistenti sociali (tra i quali anche Francesco Monopoli, difeso da Nicola Canestrini e Giuseppe Sambataro) perché i comportamenti problematici del bambino, per qualità, quantità e intensità, erano tali da suscitare preoccupazione. Anche perché, ha sottolineato, le maestre avevano circostanziato molto bene la situazione. La difesa dell’assistente sociale Gibertini, avvocato Francesca Guazzi, ha depositato una mail, inviata a febbraio 2016 (quindi oltre un anno dopo la relazione) inviata dalla stessa Leni proprio all’assistente sociale Sara Gibertini - anche lei imputata -, nella quale segnalava come «il comportamento del bambino non risulta affatto migliorato, anzi si evidenziano come maggiormente strutturati i comportamenti e gli stati emotivi già definiti preoccupanti», evidenziando, inoltre, come «le insegnati ed io siamo molto preoccupate per la salute del minore in oggetto, a maggior ragione in previsione del passaggio il prossimo anno alla scuola primaria». Una mail ritenuta molto importante dalla difesa, in quanto conferma che è stata la scuola a segnalare la situazione, visti i comportamenti preoccupanti del minore, ma anche perché nella stessa comunicazione Leni ricordava che erano state avanzate ipotesi di un affiancamento della famiglia in orario pomeridiano per «controllare» i membri della stessa. In definitiva, trascorso un anno dalla segnalazione non vi era stato alcun miglioramento, anzi si era verificata la strutturazione di un disagio che si manifestava con aggressività, difetto attenzione, encopresi, enuresi, masturbazione di sé ed altri. La scuola, pertanto, ancora a febbraio 2016 sollecitava un intervento del servizio dato il tempo trascorso dalla segnalazione.
In aula, infine, anche Francesca Tirelli, psicologa Asl, che ha seguito N. in quel periodo. Dal suo esame è emerso come la professionista avesse ritenuto che gli episodi di encopresi andassero approfonditi come connessi «ad un possibile evento traumatico (connesso anche alla masturbazione osservata a scuola)». Tirelli ha confermato la cartella clinica di N. nel suo contenuto, compreso l’appunto nel quale si evidenziavano gli agiti sessuali del fratellastro. «A scuola fa pipì addosso tutti i giorni», segnalava tra le altre cose. «Le insegnanti riferiscono - si legge ancora - che il bimbo si masturba in sezione, poi si mette sotto al tavolo e tocca gli altri bambini. Tocca i maschi». La psicologa, su richiesta dell’avvocato Ognibene, ha confermato che – in via generale e per riscontri scientifici – sintomi come enuresi, encopresi, masturbazione, sono indicatori di rischio che segnalano un possibile maltrattamento/abuso sul minore.
Insomma, testimonianze che confermano la segnalazione dei servizi sociali alla procura e poi al Tribunale per i minorenni, di fatto identica a quella della scuola e corrispondente ai dati contenuti nella cartella clinica della neuropsichiatra. La pm Valentina Salvi ha rinunciato ad un quarto teste, così come fatto anche nel corso della precedente udienza. Si tratta di una delle maestre firmatarie della relazione e presente anche nella lista testi della difesa, che ha chiesto di poter procedere con l’esame, incontrando l’opposizione della pm. La maestra che il pm non ha voluto ascoltare - anche se richiesto dalle difese - era stata sentita a sommarie informazioni molti mesi prima della fase mediatica degli arresti, eseguiti nel giugno 2019. Tale maestra, che comunque sarà sentita come teste delle difese, è colei che ha appreso dalla viva voce del bambino il racconto dei giochi di contenuto sessuale che faceva con il fratellastro di qualche anno più grande. Una voce dunque importante per appurare la veridicità degli allarmi circa la situazione del bambino.