È iniziato il controesame della psicoterapeuta Nadia Bolognini, imputata a Reggio Emilia nel processo sui presunti affidi illeciti in Val d’Enza. Le domande della pm Valentina Salvi si sono concentrate a lungo sulla terapia Emdr - che Bolognini in realtà non ha svolto con i minori coinvolti nei casi a processo - e sull’utilizzo del Neurotek, la presunta “macchinetta dei ricordi”. La psicoterapeuta l’ha usato solo in funzione rilassante in un caso, mentre negli altri ne ha solo esposto il funzionamento ai bambini.

Nel corso dell’udienza di oggi, Bolognini ha spiegato che K. - la ragazzina che ha contattato i carabinieri perché lasciata sola a casa dai genitori - aveva raccontato di incubi relativi al sesso e di avere paura di essere rapita e seguita. Inoltre ha raccontato della paura provata dopo l’irruzione non autorizzata dei suoi genitori in ospedale, a seguito di un ricovero, episodio a seguito del quale la bambina scrisse una lettera al padre chiedendogli perché le avesse mentito circa il fatto di essere autorizzato a farle visita. «Gli adulti di riferimento - ha spiegato Bolognini - hanno violato le regole di contenimento. Non c’è più uno spazio protetto, c’è l’intrusione dell’uno nell’altro. Questa mancanza di contenimento per un bimba, per una ragazzina con elementi dissociativi, questo recinto non c’è più e tutti questi contenuti emergono». In terapia è emerso il fatto che anche i comportamenti neutri venivano vissuti dalla ragazzina con una connotazione sessuale, come riportato anche dal ctu Giuseppe Bresciani, nominato nella fase di incidente probatorio nel procedimento penale contro la madre. Il comportamento sessuale era diventato dunque «una lente con la quale K. vedeva tutti i diversi comportamenti, anche gli abbracci del papà», che inizialmente «erano vissuti (dalla ragazzina, ndr) come ansiogeni».
Proprio grazie alla terapia, alla fine, quella percezione è stata modificata, grazie a una «bonifica» dei contenuti. Un percorso terminato con successo, dunque, e intrapreso per evitare che stimoli neutri facessero da attivatori di un timore. Al termine della terapia, ha spiegato Bolognini, «questi contenuti sessuali non irrompono più così intensamente nella mente della ragazzina» e «si sono ridotti i comportamenti sessuali anomali». La pm Salvi ha chiesto se nell’ambito della psicoterapia Bolognini mirasse «a recuperare ricordi dalla mente dei minori che lei pensava che esistessero e che fossero stati in qualche modo rimossi e dissociati dal cervello». Ma la psicoterapeuta ha chiarito il senso della terapia, il cui obiettivo primario «è ridurre la sofferenza, questa è l’obiettivo, abbassare la sofferenza e la disorganizzazione, che è un termine di trattamento psicologico che fa elemento alle dissociazioni, cioè alla disintegrazione, non in integrazione - ha sottolineato -. Quando si parla di dissociazione non si parla di ricordi, si parla di funzionamento psicologico. La dissociazione riguarda emozioni, sensazioni, pensieri, rappresentazioni di sé, attivazioni emotive. Non sono ricordi. Non parlo di ricordi dissociati, ma parlo di dissociazione. È diverso». Quindi, ha insistito Salvi, «nell’ambito della sua psicoterapia, possiamo dire che lei non lavorava sul far riemergere ricordi che erano occultati nella mente dei bambini?». «Non lo possiamo dire - ha ribadito la psicoterapeuta -. Non lo possiamo dire perché la psicoterapia accoglie ciò che il soggetto può recuperare nella sua memoria». Ed era stata la stessa K. a parlare di cose da raccontare, non di cose da ricordare.
In merito al Neurotek, Bolognini ha chiarito che la stimolazione bilaterale può essere utilizzata sia come tecnica autocalmante sia come tecnica di elaborazione del trauma. In quest’ultimo caso «ci deve essere ricordo». Ad ogni modo, Bolognini ha prevalentemente mostrato ai bambini il funzionamento del macchinario, come nel caso di K., alla quale ha fatto vedere l’effetto rilassante, pur senza impiegarlo per la terapia.