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L’aria al Tribunale dei minori di Bologna è tesa. Perché dopo l’indagine sui Comuni della Val d’Enza, ormai a tutti nota come “Caso Bibbiano”, le ombre che fino ieri avevano coperto il cielo dei servizi sociali si addensano anche sopra la magistratura, con una nuova inchiesta amministrativa disposta dal ministero della Giustizia a via del Pratello, per accertarare eventuali anomalie nell’attività svolta dal Tribunale con l’ausilio del servizio sociale. L’intento del guardasigilli Alfonso Bonafede è quello di monitorare eventuali rapporti, anche extraprofessionali, tra giudici e operatori del settore minorile, che potrebbero aver determinato situazioni di incompatibilità e il rispetto dei protocolli. Un rispetto che era stato sancito, nelle scorse settimane, da un’approfondita indagine interna disposta dal presidente del Tribunale, Giuseppe Spadaro, sui fascicoli degli ultimi anni, compresi quelli finiti nell’inchiesta “Angeli e Demoni”. Da quell’indagine era emersa una certezza: non esiste, a dire del presidente, alcun sistema Bibbiano, perché gli unici casi ambigui sarebbero quelli finiti sotto la lente della procura ordinaria. Nove casi in tutti, sette dei quali erano già stati “risolti” dal Tribunale dei minori con il ricongiungimento dei minori con le rispettive famiglie. Tutto regolare, insomma, e nemmeno un minimo spazio per poter immaginare connivenze tra i magistrati minorili e indagati. E che le anomalie evidenziate dall’inchiesta non potessero tradursi in un “sistema” era emerso anche dall’indagine della commissione regionale appositamente costituita: nessuna macchinazione mostruosa ordita per allontanare i minori dalle famiglie, bensì singoli «casi in cui qualche anomalia si è verificata e sui quali la magistratura sta svolgendo il suo lavoro», aveva chiarito Igor Taruffi, vicepresidente di quell’organismo. L’indagine del ministro, ora, dà però di nuovo adito a dubbi e sospetti.Un’indagine che non si limiterà all’acquisizione di documenti, ma che prevede anche la consultazione del protocollo riservato e l’audizione diretta degli interessati: dai magistrati al personale amministrativo, passando per chiunque sia in grado di fornire informazioni. «Sin dall'inizio ho chiarito che la protezione dei bambini è una priorità - ha sottolineato Bonafede - e su questo fronte andremo fino in fondo. La prossima settimana presenteremo i dati sul monitoraggio degli affidi effettuato dalla squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori. È la prima volta che si è in grado di fornire un quadro di dati chiaro, omogeneo e su base nazionale». L’idea di fondo è quella che esista un’area grigia, con rapporti poco chiari tra indagati e Tribunale. Un’ipotesi fortemente respinta dagli stessi magistrati e che nei mesi scorsi era stata avallata anche grazie a fake news che avevano fatto sospettare del lavoro dei giudici. Tutto fa riferimento ad un’intercettazione del dicembre 2018, nella quale lo psicoterapeuta Claudio Foti del centro “Hansel e Gretel” e l’assistente sociale Francesco Monopoli facevano riferimento all’aiuto che il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti avrebbe potuto dar loro «contattando giudici che sostenessero in un convegno la soluzione metodologica da loro preferita». E alla richiesta di Foti circa il nome del «giudice amico», Monopoli rispose «Mirko Stifano», giudice togato minorile di Bologna che, però, non risulta indagato. Il che significa che per la procura non esistono elementi in grado di sostenere un’accusa circa un suo coinvolgimento nella vicenda. Ed è qui, dunque, che compare l’anomalia a mezzo stampa. A fine luglio, infatti, spunta la notizia shock: il Tribunale dei Minori, scriveva un giornale locale, era stato avvisato dalla procura di Reggio Emilia che uno degli affidi era illecito e che le relazioni che avrebbero allontanato il minore dai genitori contenevano dei falsi. Ad avvisare il giudice Stifano sarebbe stato il sostituto procuratore di Reggio Emilia Valentina Salvi, che gli avrebbe chiesto di interromperel’iter di allontanamento, inviandogli gli atti che avrebbero dimostrato la falsità dei servizi sociali. Una richiesta, riportavano i giornali, caduta nel vuoto, tant’è che il bambino sarebbe comunque finito nel centro “La Cura” di Bibbiano, dove sarebbe rimasto fino all’esecuzione dell’ordinanza. Notizia categoricamente smentita dal Tribunale: la Procura di Reggio Emilia, giurava in una nota Stifano, che ha anche dato mandato ai propri legali per difendere la propria onorabilità, non avrebbe «mai segnalato falsità poste in essere dai servizi sociali», né «fatto richieste o dato indicazioni di alcun genere perché i decreti del Tribunale dei minori non fossero eseguiti». Tant’è che il bambino è stato ricongiunto alla propria famiglia proprio su iniziativa del Tribunale stesso, il 13 maggio, molto prima, dunque, dell’esecuzione dell’ordinanza “Angeli e Demoni”. Una bufala strana, ancora più strana alla luce dell’ispezione disposta da Bonafede.