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Ventisette pagine di “foglio notizie su spese della Procura”. Le scorri e rigo dopo l’altro ti accorgi che la maggior parte delle voci riporta nomi di studi legali piemontesi, giudici onorari e consulenti di quelle stesse circoscrizioni, ossia Asti, Cuneo e Torino. Come se i pm in questione, quelli di Asti, avessero di recente condotto un’inchiesta sull’avvocatura dell’intero Nordovest del Paese. Una grossa inchiesta: perché arrivi all’ultima delle ventisette ( sic!) pagine e trovi una cifra totale mostre: 559.221 euro. Non è buttata lì a caso: di fianco c’è la firma del funzionario di cancelleria che ha raccolto le informazioni.
Il punto è che almeno ufficialmente non c’è mai stata negli ultimi anni alcuna indagine su avvocati, giudici onorari e consulenti condotta dalla Procura di Asti. «È un errore del sistema informatico», è la risposta solo in apparenza tranquillizzante data dal capo dell’ufficio, Alberto Perduca. Il foglio spese in effetti fa parte del fascicolo di un processo per droga con imputati in prevalenza albanesi, da poco terminato con 20 persone condannate. Non una bagatella, ma neppure un procedimento di tali dimensioni da giustificare un esborso per intercettazioni di quasi 600mila euro. Ma l’avvocatura piemontese è tutt’altro che rasserenata. Anche perché il giallo degli studi legali spiati è ormai divampato sulla stampa locale, ha indotto il responsabile Giustizia di Forza Italia Enrico Costa, deputato, a presentare un’interrogazione al guardasigilli Alfonso Bonafede, e lo stesso ministro ha dato segno di non accontentarsi delle letture minimaliste dei pm. «La Procura ha formulato richiesta di archiviazione, l’ipotesi di intercettazioni illecite non avrebbe trovato riscontro», è la risposta di Via Arenula all’intercettazione di Costa. «In ogni caso la questione permane all’attenzione del ministero che vigila sugli sviluppi della richiesta di archiviazione e ha attivato i propri ispettori per gli approfondimenti». Segno che neppure dal punto di vista del governo ci si accontenta dell’ipotesi di un pc capriccioso.
L’incredibile vicenda è emersa per puro caso. Non è stata la Procura di Asti a segnalare l’anomalia ( e mezzo milione di spese inspiegabili costituirebbero un’anomalia gigantesca), ma uno dei professionisti spiati loro malgrado. Si tratta di Roberto Caranzano, con studio ad Asti, che difende uno degli imputati al processo per droga. Alcuni mesi fa, prima di intervenire in aula, rivede gli appunti: incrocia quel foglio spese che non aveva mai notato prima e trova anche il proprio nome. Pochi giorni dopo il procuratore Perduca apre l’indagine e sempre pochi giorni dopo conclude appunto per la richiesta di archiviazione perché «si tratta di un non accadimento: il sistema ha semplicemente inserito nomi a caso». Rispetto all’enormità dei costi sostenuti dalla giustizia per questo crash informatico, Perduca aggiunge che la somma effettivamente liquidata al gestore del sistema «è risultata trovare piena corrispondenza nell’importo riportato nel foglio notizie inserito nel fascicolo dal giudice». Il che non basta a chiarire se si tratta di importi giustificabili.
I motivi di allarme per gli avvocati sono numerosi. Tanto che a occuparsi della vicenda è anche l’Unione Camere penali italiane, il cui responsabile Comunicazione Giorgio Varano ha pubblicato un’intervista video al presidente dei penalisti del Piemonte della Valle d’Aosta, Alberto De Santis. «La prima domanda, inquietante, è se gli avvocati che secondo quel foglio notizie sarebbero stati intercettati per anni, cioè dal 2012 al 2014, siano stati sottoposti a tale attività per fini diversi dal procedimento a cui si riferirebbe quell’elenco», nota il presidente della Camera penale. «Abbiamo avvisato tutti i colleghi in modo che possano avviare tutte le azioni possibili, ma naturalmente li supportiamo e riteniamo che a occuparsi del caso debba essere la Procura di Milano. Certo è che», nota giustamente De Santis, «se mi venisse in mente di difendere una persona indagata per false fatturazioni con la tesi che è stato il sistema informatico a emettere quelle fatture per sbaglio, si tratterebbe di una difesa suicida». A giudicarla tale sarebbe, eventualmente, proprio un magistrato. Possibile che ora non ci sia un giudice pronto a respingere tale ricostruzione?