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La fotografia dell’indagato Christian Natale Hjort, ammanettato alla schiena e bendato, ha fatto il giro del mondo. L’immagine, diffusa in esclusiva dalla Stampa e circolata nelle chat private di membri delle forze dell’ordine, ha fatto scattare un’inchiesta interna e un procedimento penale parallelo a quello per l’omicidio del vicebrigadiere Mario Cercello Rega.
Secondo la ricostruzione dei fatti, dopo il fermo in albergo il ragazzo sarebbe stato portato ammanettato presso la caserma di via In Selci e fatto sedere in una stanza al piano terra, con affaccio sul cortile interno, destinata a sala ascolti per le intercettazioni telefoniche.
Durante il tragitto, un sotto- ufficiale decide che a Natale Hjort non vengano tolte le manette e che non possa vedere dove lo stanno portando, per questo si sfila la sciarpa e la annoda intorno agli occhi del ragazzo, poi lo fa sedere al centro della stanza.
In questo stato l’americano non sarebbe rimasto più di cinque minuti, prima dell’interrogatorio di garanzia per la convalida della misura cautelare, avvenuto alla presenza del suo avvocato e con tutte le garanzie previste dall’ordinamento.
Violazione della Costituzione Il trattamento cui è stato sottoposto l’indagato viola una serie di previsioni di legge, ma in particolare l’articolo 13 della Costituzione. Anzitutto, l’articolo 3 Cedu, secondo cui «nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti», quando per tortura ( secondo la Convention against torture delle Nazioni Unite), si intende «qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, segnatamente al fine di ottenere informazioni o confessioni, di punirla per un atto che ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimidirla o di esercitare pressioni su di lei».
Il codice penale La condotta dei carabinieri viola diverse norme del codice penale. L’articolo 608 punisce con la reclusione fino a 30 mesi «Il pubblico ufficiale che sottopone a misure di rigore non consentite dalla legge una persona arrestata o detenuta di cui egli abbia la custodia, anche temporanea, o che sia a lui affidata in esecuzione di un provvedimento dell'Autorità competente».
Inoltre, il nuovo articolo 613- bis ( introdotto nella scorsa legislatura su iniziativa dell’ex parlamentare Luigi Manconi) prevede che «Chiunque con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona». Infine, potrebbero sussistere gli estremi per i reati di violenza privata e maltrattamenti.
L'estradizione Tale abuso di autorità potrebbe interferire anche con il procedimento giudiziario principale, per l’omicidio del vicebrigadiere. Secondo alcuni giuristi americani, la foto potrebbe portare gli Stati Uniti a chiedere l’estradizione del giovane, perchè gli vengano assicurate le garanzie difensive. Secondo la giustizia americana, inoltre, un trattamento di questo tipo renderebbe inammissibile la confessione e tutte le prove raccolte e addirittura «far saltare il processo», come spiegato alla Stampa dall’avvocato Alan Dershowitz.
Secondo l’ordinamento italiano, invece, tale trattamento potrebbe influire sull’attendibilità delle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio di garanzia, ma il processo non subirebbe conseguenze sostanziali dal punto di vista probatorio, visti i pesanti indizi ( il ritrovamento dell’arma del delitto nascosta nella stanza d’albergo e la testimonianza dell’altro carabiniere presente al momento dell’omicidio).
L’estradizione passiva ( ovvero dall’Italia a un altro stato) non esiste, però, nel caso in cui il reato sia stato commesso in Italia, perchè ricade sotto la giurisdizione italiana. Sul piano diplomatico, tuttavia, si paventa l’ipotesi che gli Stati Uniti «presentino una protesta formale, e chiedere che il ragazzo venga mandato in America per il processo».
L’Organismo congressuale forense, nel commentare la vicenda a margine del cordoglio per la morte del militare, ha commentato che «quegli stessi principi al cui rispetto il Vice- Brigadiere Mario Cerciello Rega ha sacrificato la vita, impongono che proprio coloro che hanno in custodia la nostra civiltà giuridica non possano mai abbandonarsi a reazioni scomposte, come purtroppo si è dovuto constatare con la diffusione di immagini che documentano trattamenti inaccettabili nei confronti di qualsiasi persona, seppure imputata dei reati più gravi».