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«Su Letta, Renzi dice delle cose non solo sbagliate ma pesanti e indegne di un uomo politico». Emanuele Macaluso commenta così gli aneddoti raccontati dal Renzi nel suo libro Avanti: col distacco del padre nobile della sinistra italiana che ha scelto di non prendere mai la tessera del Partito democratico. «I giudizi sprezzanti che il segretario dà sul governo del suo predecessore, come se il mondo fosse iniziato con Renzi a Palazzo Chigi, è il segno di un limite di presunzione e lucidità». È dunque concreta l’ipotesi di una nuova scissione nel Pd? Non credo proprio, mi pare invece che le minoranze abbiano scelto di condurre la loro battaglia all’interno del partito con una linea politica diversa da quella del segretario. Orlando vuole tenere un rapporto con Giuliano Pisapia per segnalare la necessità di ricostruire un centrosinistra alternativo a un centrodestra in fase di riorganizzazione e al grillismo. È una posizione ragionevole e, a mio avviso, molto più popolare di quello che si pensa. L’idea renziana del 40 per cento alle elezioni è solo propaganda senza costrutto. Ma che spazio può avere una posizione alternativa a quella del segretario dopo la vittoria schiacciante di Renzi alle primarie? È vero, Renzi ha stravinto, ma è anche vero che uno che alle primarie ha votato per lui, come Dario Franceschini, si è sganciato dal segretario. E non è detto che non si sgancino altri, perché la posizione dell’uomo solo contro tutti non può trovare consensi larghi. Solo chi sostiene Renzi in maniera acritica, battendo le mani a ogni occasione, può accettare una visione di questo tipo. Ma la massa a cui il Pd vorrebbe parlare, il popolo del centrosinistra, non apprezza un atteggiamento isolazionista. Dunque, se Orlando e Franceschini puntano su un’altra strada possono avere delle buone prospettive. Renzi non sembra intimidito dal rischio che qualcuno si sfili... L’ostinazione a fare da solo rappresenta un personaggio politico che si è, a mio avviso, incartato. La polemica aspra con l’Europa e la ricerca continua di distinguersi dal presidente del Consiglio e dal ministro dell’Economia non credo siano atteggiamenti molto graditi. Anche perché, con tutti i limiti, il governo e Paolo Gentiloni hanno guadagnato stima nel Paese e in Europa. Ma forse è proprio questo che innervosisce Renzi e lo rende ancora più caparbio, non è in grado di riflettere con calma. Peppino Caldarola scrive: nel Pd «sotto il renzismo non c’è niente». Ha senso che i non renziani rimangano nel partito? Penso di sì. Ha un senso se si conduce una lotta politica vera, non mollando sulla differenziazione netta dal segretario. Se le minoranze scegliessero di adeguarsi alla linea della maggioranza Caldarola avrebbe ragione. Ma io penso che Orlando, e anche Franceschini, abbiano capito che la loro posizione ha un consenso che va oltre il risultato delle primarie. Non dimentichiamo che i gazebo sono stati organizzati prima delle Amministrative, le elezioni che hanno consegnato Genova al centrodestra. Che strumenti di dissuasione, rispetto alla linea del segretario, hanno in mano Orlando e Franceschini? Pochi, ma hanno la possibilità di allargare il consenso, dentro e fuori il partito. Il problema è che Renzi più si sente isolato e più si accanisce. Ma dovrebbe trovare la forza per un colpo di reni che lo faccia uscire da questo cul-de-sac. Nel suo libro l’ex premier racconta anche alcuni retroscena sul patto del Nazareno. Sembra che l’intesa sia saltato a causa di D’Alema: avrebbe chiamato Berlusconi per accordarsi sul nome di Giuliano Amato al Quirinale... Non so come siano andate le cose, ma una telefonata tra D’Alema e Berlusconi ma non mi pare sia fuori da mondo. Anche se ha molti difetti, D’Alema è stato presidente del Consiglio, non credo sia un bestemmia tentare di fare un accordo su un nome come quello di Giuliano Amato, figura di altissimo livello stimata anche fuori dai confini nazionali. D’Alema dice di Renzi: «Finché mi sarà dato di esistere, non potrà stare tranquillo». Divergenze politiche o livore personale? Credo che ci siano entrambe le cose. Spero però che Giuliano Pisapia tenga ferma la sua linea di non opposizione radicale al Pd, sarebbe insensato. Senza il Pd non puoi fare il centrosinistra. Bisogna condizionare il partito di governo, costringerlo a una scelta, non porsi in maniera alternativa. Per imporre una linea, però, non basta proclamarsi generali, servono le truppe... E chi ha detto che Pisapia non le ha? Lo vedremo alle elezioni. Lui è stato un sindaco molto stimato e ha rapporti molto stretti con tanti amministratori locali e personalità che contano. La politica non è fatta solo da ciò che è già conosciuto e consumato. Un’iniziativa che ha una grande dignità politica può raccogliere molti consensi. A una persona di sinistra che non vota più Pd, sconcertata dall’atteggiamento di Renzi, Pisapia offre un approdo. Tra queste persone potrebbe esserci anche Emanuele Macaluso? Io incoraggio l’iniziativa di Pisapia e non escludo di sostenerlo. Crede che anche le tende di Prodi possano spostarsi verso l’ex sindaco di Milano? Non lo so, vedo che Prodi finora ha avuto una posizione molto corretta. Ha prima cercato di convincere Renzi a imboccare una strada diversa, e quando è stato malamente accompagnato alla porta ha deciso si spostare la sua tenda. E adesso mi sembra chiaro che lui stia incoraggiando l’azione di Giuliano Pisapia.