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Nipote di Rabin. «Non possiamo accettare la radicalizzazione della società israeliana; questo non deve essere il nostro destino.»
Con queste parole la 42enne Noa Rothman, nipote di Yitzhak Rabin, ha annunciato ieri ai principali quotidiani del Paese, la sua intenzione di impegnarsi in politica in vista delle elezioni del 17 settembre.
Il partito di Barak
Correrà nella nuova formazione, della quale non si conosce ancora il nome, che sarà guidata dal settantasettenne Ehud Barak che si propone di risollevare le sorti dei laburisti, mai così in basso nella storia politica di Israele.
La decisione della Rothman assume un significato importante, porta con se il ricordo dell’uomo che sembrava aver messo fine al conflitto con i palestinesi con gli accordi di Oslo, proprio per questo Rabin fu ucciso dall’estremista Ygal Amir, il 4 novembre 1995 a Tel Aviv.
Biografia vivente di una nazione
«Ho visto da vicino il prezzo dell’odio e dell’incitamento» ha detto la Rothman.
Fu proprio lei, 22 anni fa, a pronunciare il discorso funebre in ricordo del nonno di fronte a numerosi capi di Stato.
Si arruolò nell’esercito occupandosi del giornale dell’Idf e scrisse il libro “In nome della speranza e della tristezza”, divenuto la biografia quasi ufficiale della sua famiglia.
Ora è sposata con due figli e lavora come sceneggiatrice.
Elezioni a settembre
Sebbene in passato sia stata spesso in contrasto con un “mostro sacro” come Barak ( ex premier, ministro della Difesa, il militare più decorato d’Israele), la Rothman ora pensa che sia l’uomo giusto per battere Netanyahu.
Infatti è sfumato il suo tentativo di formare un governo a seguito delle elezioni pur vincenti dell’aprile scorso.
La scelta della nipote di Rabin sembra essere dettata da un impeto etico oltre che politico.
«Non possiamo restare seduti, aspettando che qualcun altro faccia il lavoro per noi, questo è il dovere della mia generazione» ha dichiarato infatti la Rothman.
La sua preoccupazione è per quello che sta succedendo nella società israeliana, sempre più lacerata nella mancanza di una sia pur lieve speranza di pacificazione con i palestinesi, segnata dall’ingresso massiccio dell’elemento religioso radicale nella vita politica.
Le colpe del Likud
Già due anni, in un’intervista per i24newstv/ fr, aveva messo in guardia: «Posso però notare la differenza fra i dirigenti attuali e la classe politica seria, audace e responsabile che ci rappresentava».
Ma soprattutto non ha mai smesso di considerare Netanyahu e il Likud tra i responsabili della spirale di odio che portò all’uccisione di Rabin.
Una responsabilità alla quale il leader della destra israeliana si è sempre sottratto.