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Si è detto: la riforma del Csm non è un totem. Va oggi in Consiglio dei ministri ma tutti i suoi promotori, dal guardasigilli Bonafede agli sherpa della maggioranza, assicurano che il testo è aperto all’esame del Parlamento, e alle audizioni. Bene. Quando sarà l’Anm a essere audita, se ne vedranno delle belle.
Perché da una rapida ricognizione, il sistema per eleggere i togati che la riforma ha individuato lascia assai perplessa la magistratura associata. Non tanto per l’opzione dei 19 collegi, destinati a sostituire l’attuale collegio nazionale unico, o per il meccanismo uninominale a doppio turno, quanto per quel sorteggio residuale riemerso in extremis, sotto una specie tutta particolare.
Come recita l’articolo 23 del ddl, «ogni collegio deve esprimere un numero minimo di dieci candidature, di cui cinque per ciascun genere, e rispettare la parità di genere anche nel caso in cui esprime un numero superiore di candidature. Quando le candidature sono in numero inferiore a dieci oppure quando le candidature non rispettano la parità di genere l’ufficio elettorale centrale procede, in seduta pubblica ad estrazione a sorte delle candidature mancanti».
Albamonte: «Con candidati scelti per sorteggio si crea confusione»
Una previsione sulla quale dalla Anm già riecheggia un dissenso netto, e argomentato. «Il punto di caduta? In teoria le correnti potrebbero presentare un numero di candidature civetta sufficiente a raggiungere quota dieci, e concentrarsi sull’unico candidato autentico», ipotizza Eugenio Albamonte, segretario del gruppo progressista “Area” ed ex presidente dell’Anm. «Finisse così, avremmo un esito distorsivo peggiore delle prassi che si ritiene di modificare. In pratica è assai più probabile che ci si trovi con magistrati costretti dal sorteggio a candidarsi seppur poco motivati. Risultato: si crea solo confusione».
Il dissenso di Albamonte è tanto più deciso considerato che invece sui nuovi collegi territoriali la sua valutazione è tendenzialmente positiva: «Le candidature esterne all’attuale panorama delle correnti sarebbero comunque incoraggiate: in un singolo distretto, o in pochi distretti aggregati in uno stesso collegio, è assai più plausibile che un magistrato apprezzato dai colleghi possa proporsi a prescindere dal sostegno di un gruppo associativo. Ci sono aree in cui esistono singoli uffici molto partecipi, che potrebbero esprimere una propria specifica rappresentanza, legata ad aspetti professionali. Basta non prevedere soglie minime di candidature: il quadro sarebbe comunque più eterogeneo».
Sangermano: «Spunterebbero fuori candidati-fantoccio»
La pensa così anche Antonio Sangermano, procuratore presso il Tribunale dei minori a Firenze, ex vicepresidente dell’Anm e promotore di “Movimento per la Costituzione”, il gruppo discattatosi da Unicost e destinato a creare una coalizione con Magistratura indipendente: «Sulla carta si rischia davvero di rafforzare le correnti, che sarebbero sollecitate a mettere in campo candidati-fantoccio per rinfoltire il parterre: si genera solo confusione. Si può anche intuire l’ansia di scongiurare l’infortunio delle ultime elezioni per la categoria requirente del Csm, quando le quattro correnti hanno ritenuto di proporre un solo candidato ciascuna, e ovviamente sono stati eletti tutti, visto che i seggi erano proprio quattro. Ma la cosa non si risolve certo triplicando o quadruplicando la soglia minima dei candidati rispetto all’attuale numero dei gruppi».
Sangermano dissente in modo netto anche da altre norme inserite nella riforma: «L’ipotesi che chi aspira a un incarico direttivo debba fare una sorta di corso accelerato alla Scuola superiore della magistratura rasenta l’umiliazione. Che è conclamata nell’ipotesi di costringere un procuratore capo a tornare sostituto per quattro anni prima di potersi candidare a un nuovo incarico. Così si mandano al macero le professionalità, e non so se davvero è l’evoluzione di cui la magistratura ha bisogno».
Zanettin: «Macché sorteggio, questo è il festival delle desistenze»
Se ne discuterà per mesi. Anche perché la materia può suggerire considerazioni di segno opposto. Ieri per esempio l’azzurro Pierantonio Zanettin, deputato attento alle modifiche dell’ordinamento giudiziario, anche perché reduce dal mandato di componente laico nella precedente consiliatura del Csm, ha previsto una ulteriore legittimazione del «ruolo delle correnti della magistratura, che a parole si vorrebbe limitare», visto che «il ballottaggio avviene non fra i due migliori candidati, come in tutti i sistemi elettorali a doppio turno, ma tra i migliori quattro. Guarda caso le correnti sono proprio quattro».
È chiaro, secondo Zanettin, «che così si rendono inevitabili desistenze e accordi correntizi». Ma Albamonte capovolge il discorso: «Sarebbe poco plausibile che una corrente decida di scomparire da un intero collegio, sarebbe una scelta autolesionistica». Si vedrà. Certo che basta la parola, sorteggio, per arroventare ogni discussione sul Csm.