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Erdogan li definisce «terroristi neutralizzati» e si riferisce ai combattenti curdi morti durante l'offensiva turca nel nord est della Siria arrivata ormai al suo sesto giorno. Una dichiarazione che ldice molto sulla sua volontà, a ciò si aggiunge il fatto che al momento l'uomo forte della Turchia non intende procedere verso «nessun cessate il fuoco». Erdogan può contare sull'atteggiamento russo che vede schierata la polizia militare di Mosca come forza d'interposizione nella città di Manbij in modo da impedire uno scontro con l'esercito di Assad. Una situazione che sta bene ai turchi perchè potrebbe allontanare le forze curde dalla zona e cioè proprio l'obiettivo dell'offensiva. Sul fronte diplomatico Erdogan è stato invitato a Mosca da Putin e sembra abbia accettato il colloquio dal quale potrebbe scaturire un accordo che in ogni caso vedrà i curdi nella parte della vittima sacrificale con la fine dell'esperimento di autogoverno nella zona del Rojava. La faccia feroce del leader turco dovrà comunque confrontarsi con l'arrivo ad Ankara di una delegazione statunitense ai massimi livelli. Il partenza per la Turchia infatti sono il vice presidente Mike Pence, il segretario di Stato Mike Pompeo e il Consigliere per la sicurezza nazionale Mike O'Brien. Un tale dispiegamento però cozza con l'atteggiamento ambiguo degli usa che prima hanno ritrato il proprio contingente e poi annunciato sanzioni contro la Turchia. Parallelamente oggi Trump ha convocato i rappresentanti di democratici e repubblicani al Congresso per discutere della situazione sul campo. A quanto si apprende da Washington al centro della discussione ci sarebbe una bozza di risoluzione democratica c he contesta la decisione del presidente sul ritiro delle truppe.