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Posti letto in corsia, terapie intensive allo stremo e dispositivi sanitari di protezione introvabili. Tra le fragilità del nostro Paese messe in evidenza dall'emergenza Covid-19, la sanità merita di certo un posto in prima fila. E non certo per la professionalità, la qualità e l'impegno al limite dell'eroico del personale sanitario mandato in trincea a combattere contro il virus. La vulnerabilità, semmai, è tutta da ricercare nei tagli, spesso imposti da politiche rigoriste, che negli anni hanno indebolito pesantemente il sistema sanitario italiano. Per rendersene conto basta dare un'occhiata allo studio pubblicato ieri da Eurostat (l'ufficio statistico dell'Unione) che ha analizzato i dati del 2017 di ogni singolo Paese: la spesa dell'Italia nel sistema sanitario pubblico e privato è infatti al di sotto della media dell'Ue, che si aggira attorno ai 2.887 euro per abitante. Il dato italiano si ferma a una spesa di 2.523 euro pro capite. Ma la differenza, apparentemente esigua, non inganni. La media europea, infatti, scende a causa soprattutto dei picchi negativi, come quello romeno, dove ogni singolo cittadino paga 494 euro per la sanità, o quello bulgaro, con 591 euro. Ci sono però dieci Paesi che prestano molta più attenzione dell'Italia al sistema sanitario. Tra questi, spiccano senz'altro la Svezia (con 5.206 euro a testa), la Danimarca (5.134), il Lussemburgo (5.083 euro) la Germania (con 4.459 euro pro capite) e la Francia (3.883). Senza contare olandesi, austriaci, irlandesi e finlandesi. Meno di noi, spende solo la Spagna tra i Paesi più grandi: 2.221 euro ad abitante. Se poi si guarda la spesa in relazione al Pil, Francia e Germania si piazzano, pari merito, al primo posto con 11,3 per cento, seconda la Svezia (con l'11 per cento). Anche in questa speciale classifica l'Italia, con l'8,8 per cento, si posiziona ben al di sotto della media Ue (fissata al 9,9 per cento), superata per un soffio anche dalla Spagna (8,9). Fanalino di coda: sempre la Romania con il 5,2 per cento del Pil. Perché la pandemia abbia trovato il nostro sistema così impreparato non è dunque più un mistero, dopo decenni di sforbiciate alla cieca. «I dati sulla spesa sanitaria in Europa dimostrano quello che Azione sta dicendo da novembre: il principale pilastro del nostro welfare e della nostra comunità è stato colpevolmente indebolito», commenta il solo Carlo Calenda. «Tra le tante spese stravaganti fatte i partiti si sono dimenticati di sanità, scuola e sicurezza. I tre compiti fondamentali dello Stato. Azione continuerà a battersi anche dopo l’emergenza perché questa lezione non sia dimenticata». Eppure in base ai dati Eurostat e Ocse, tra il 2000 e il 2017, compreso dunque il periodo in cui Calenda ha fatto il ministro dello Sviluppo economico per Renzi e Gentiloni, nel nostro Paese il numero dei posti letto pro capite negli ospedali è calato di circa il 30 per cento, arrivando a 3,2 ogni mille abitanti, mentre la media dell’Unione europea è vicina a 5 ogni mille abitanti.La lezione, se riusciremo a trarne una dopo questa tragedia, è bene che la imparino tutti.