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Il procuratore generale di Milano Roberto Alfonso
Milano è sempre Milano, verrebbe da dire. E lì che divampa la polemica già alla vigilia, per la richiesta avanzata dalla Camera penale: Piercamillo Davigo non intervenga all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Poi però la cerimonia nella Corte d’appello del capoluogo lombardo arriva davvero. Davigo c’è. Ma c’è pure il procuratore generale Roberto Alfonso. Che pensa lui a incenerire la riforma Bonafede: «Prescrizione incostituzionale», è la sua sentenza. Il ministro si difende con il suo stile dialogante ma sempre integralista: «Rispetto ma non sono d’accordo». Eppure resterà storico, come un macigno irremovibile, il giudizio del più importante magistrato inquirente del distretto da cui tutto sempre nasce, pure Mani pulite: «Non si può sottacere» che la riforma della prescrizione «viola l’articolo 111 della Costituzione, con il quale», ricorda il pg, «confligge quanto agli effetti, incidendo sulla garanzia costituzionale della ragionevole durata del processo». Applausi in sala. Vengono dagli avvocati, naturalmente, gli avvocati del Foro in cui la mistificazione della “politica corrotta salvata dal reato prescritto” ha una sorta di sua cattedrale nera. Il procuratore generale Roberto Alfonso prosegue: «Non possiamo non tenere conto che per il cittadino imputato, assistito dalla presunzione di non colpevolezza, già solo affrontare il processo penale costituisce una pena, nel senso della sofferenza, dell’afflizione, del disdoro che purtroppo nella nostra società massmediatica provoca conseguenze anche economiche». Il ministro si difende, dunque. L’argomentazione però non è robusta, perché non entra nel merito del rilievo del pg. «Rispetto la sua opinione», dice il guardasigilli, «ma è evidente che se è una proposta che ho portato avanti, dal mio punto di vista non c’è nessuna incostituzionalità». Si limita, Bonafede, a evocare il contesto europeo che darebbe ragione alla sua scelta, senza però precisare che nei Paesi in cui la prescrizione è diversa da com’era prima dell’ultima riforma, sono assai diversi pure i tempi dei processi: «Voglio ricordare che si fa sempre riferimento al contesto internazionale e che in tutta Europa vige in maniera diversa un sistema di prescrizione che è, non dico identico, ma si avvicina al modello che è stato introdotto: prendo come esempio la Germania». Finisce con alcuni avvocati della Camera penale di Milano che, quando Davigo prende la parola, lasciano la sala. E con il presidente dell’Anm Luca Poniz (erano tutti a Milano, stamattina) promette mobilitazioni delle toghe se resterà la sanzione disciplinare per i giudici lenti. Ma resta, in realtà, solo quel giudizio di uno che di mestiere fa il pm, al più alto grado: «Prescrizione incostituzionale!». Sacrosanto