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La vicenda giudiziaria che riguarda l’operato della nave umanitaria della ong Proactiva Open Arms si arricchisce di nuovi elementi che potrebbero coinvolgere la marina militare italiana. Cadute le accuse di associazione a delinquere e passata da Catania a Ragusa l’inchiesta, resta però il sequestro della nave fermata nel porto di Pozzallo il 17 marzo. Le novità arrivano dalle carte redatte dal gip della città etnea Nunzio Sarpietro, dopo aver alleggerito di molto la posizione di un terzo indagato di Open Arms, Gerald Canals, ha anche dichiarato non validi gli interrogatori del capitano Marc Reig Creus e del coordinatore della missione Ana Isabel Montes Mier. Le domande ai due indagati infatti erano state fatte senza la presenza di avvocati e di interpreti. Ma dall’inchiesta si rivela un risvolto più inquietante: a coordinare l’intervento della cosiddetta guardia costiera libica potrebbe essere stata la marina militare italiana di stanza a Tripoli. Se provato ciò potrebbe configurarsi come un coinvolgimento in respingimenti collettivi da parte della nostra difesa marittima. Una violazione dell’articolo 4 del quarto protocollo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Sarebbe un nuovo colpo dopo la condanna del 2011, da parte della Corte europea dei diritti umani (Cedu) per un respingimento collettivo del 2009. Infatti nel decreto del gip, anche riconoscendo che la ong ha agito “travalicando gli accordi e gli interessi degli stati coinvolti nel fenomeno migratorio”, si legge una ricostruzione dei fatti che solleva diversi interrogativi.“Alle ore 05,37 il personale a bordo della nave militare italiana Capri, di stanza a Tripoli, comunicava a Roma che una motovedetta della Guardia Costiera Libica di lì a poco avrebbe mollato gli ormeggi per dirigersi verso l'obiettivo – scrive Sarpietro -, e specificava che la detta Guardia Costiera avrebbe assunto la responsabilità del soccorso”. Lo scontro in mare tra Open Arms e libici avrebbe visto questi ultimi agire sotto l’egida italiana. Questi elementi sono emersi da un articolo di Famiglia Cristiana del 28 febbraio a firma di Andrea Palladino ma poi rimosso dal sito del quotidiano e dunque non più visibile, Il segno probabilmente di un nervosismo che questa vicenda sta suscitando. Anche perché il gip ha altresì riconosciuto che in Libia esistono gravi violazioni dei diritti umani a i danni dei migranti rinchiusi nei centri di detenzione. L’eco dell’inchiesta, dopo aver rinfocolato le accuse alle ong, ora sembra cambiare parzialmente segno. Il segretario dei Radicali e deputato di Più Europa Riccardo Magi sta infatti chiedendo al governo ancora in carica altre informazioni. “Nero su bianco emerge chiaramente che è la marina italiana a dare indicazioni alla guardia costiera libica – argomenta Magi - sugli interventi in mare e il successivo rientro sulle coste libiche, d’intesa con l’Mrcc di Roma: il sospetto che l’Italia sia coinvolta in azioni di respingimento sembra quindi essere confermato”.