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Annullare il memorandum Italia-Libia sui migranti entrato in vigore nel 2017. E' questa la richiesta portata avanti dal Tavolo Asilo (unione di di associazioni e ong italiane) tramite una lettera inviata al Parlamento e al Governo. Se entro il 2 novembre non si metterà mano all'accordo, quest'ultimo verrà rinnovato per altri tre anni in base al meccanismo del silenzio-assenso. Il testo della lettera è stato presentato ieri a Roma nel corso di una conferenza stampa. Presenti anche i giornalisti Francesca Mannocchi dell'Espresso e Nello Scavo del quotidiano Avvenire. Con il loro lavoro d'inchiesta hanno documentato da anni cosa sta succedendo in Libia e quali sono gli effetti del memorandum. In questi giorni è balzata all'onore della cronaca la rivelazione, pubblicata proprio da Nello Scavo, del viaggio in italia compiuto nel 2017, da quello che a livello internazionale è indicato come uno dei maggiori trafficanti di uomini: Abdul Raman al Milan, soprannominato Bija, divenuto il capo della Guardia Costiera di Zawhia. Una circostanza che dovrebbe creare imbarazzo al governo italiano ma che a ben vedere si lega in qualche modo all'applicazione del memorandum stesso. Nel silenzio infatti l'Italia continua a sostenere con ingenti finanziamenti (50 milioni di euro all'anno) e dispiego di risorse la Guardia Costiera libica e i centri di detenzione in Libia. Ma la realtà è quella di una diffusa corruzione e dell' infiltrazione a vari livelli istituzionali di individui sottoposti a sanzioni dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per i crimini contro l’umanità. In questo senso «non ci sono le condizioni per rinnovare l'intesa» siglata dal governo Gentiloni come ha spiegato Filippo Miraglia dell'Arci. Le condizioni dei migranti nei centri di detenzione libici, almeno 5mila, sono ormai sotto gli occhi di tutti. Torture e stupri sono all'ordine del giorno grazie anche alle testimonianze raccolte dalle ong. Per Paolo Pezzotti di Oxfam «l'Italia ha esposto a trattamenti inumani i migranti e lo ha fatto conoscendo la realtà». La conclusione è che si siano chiusi gli occhi affidando il lavoro sporco ai libici. E allora diventa difficile per le organizzazioni umanitarie mediare sul campo con i vari attori coinvolti che mirano solo ad accparrarsi i soldi europei, in questo modo – come messo in evidenza da Cesare Fermi di Intersos - «l'approccio umanitario diventa di per se poco credibile». Al momento però l'annullamento del memorandum sembra una partita persa, Riccardo Noury di Amnesty International ha rilevato che furbescamente «si parla di miglioramenti ma solo dopo un ulteriore approvazione dell'accordo». Eppure l'Italia si sta ponendo fuori dal dettato costituzionale. Il memorandum infatti è stato stipulato in violazione dell'articolo 80 della Carta «in quanto il Governo non è stato autorizzato dalle Camere alla ratifica di tale trattato internazionale avente natura politica» come esposto dall'avvocato Antonello Ciervo dell'Asgi (Associazione studi giuridici sull'immigrazione). Inoltre il sostegno fornito alla Guardia Costiera libica fa sì che il Governo italiano per lo più non intervenga nei soccorsi in mare dei migranti, in violazione di precisi obblighi giuridici rendendosi responsabile di respingimenti collettivi. Al 30 settembre di quest'anno il 58% delle persone partite sono state riportate nell'inferno dei centri di detenzione. A ciò si aggiunge che la Libia è un paese dove si sta combattendo una feroce guerra civile e non può essere certo essere considerato un paese sicuro.