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Lo scandisce con pragmaticità: «Se il Parlamento britannico dovesse respingere l’accordo su Brexit, potremmo non uscire mai dall’Ue». La premier britannica Theresa May, messa all’angolo, sceglie di ragionare per assoluti e lancia un monito al Regno Unito, in un ultimo tentativo di convincere opinione pubblica e deputati ad approvare il suo accordo negoziato con l’Europa per l’uscita del paese dall’Unione. E, contestualmente, salvare il suo governo.
La Gran Bretagna dovrebbe lasciare l’Ue il 29 marzo, ma il Parlamento britannico deve ancora accettare i termini per l’uscita: il secondo voto ( dopo il primo, negativo con 432 voti contrari e solo 202 a favore, di gennaio alla Camera dei Comuni) si terrà il 12 marzo. Altrimenti, le due alternative possibili in caso di nuovo voto negativo sono di uscire senza un accordo commerciale firmato, oppure di ritardare ancora l’addio al continente.
Ieri, era a Grimbsy, nel Lincolnshire, May ha spiegato di comprendere le «genuine preoccupazioni» di chi le ha votato contro ma ha ribadito che il suo accordo rispetta gli esiti del referendum del 2016 e assicurerà la prosperità del Regno Unito. «Appoggiatelo e lasceremo l’Unione Europea, bocciatelo e nessuna sa cosa succederà. Potremmo non lasciare l’Ue ancora per mesi, oppure potremmo lasciarla senza protezioni, oppure ancora potremmo non lasciarla proprio».
Il tempo scorre e la linea May e quella di ribadire che altre perdite di tempo rischiano di creare ulteriori problemi. Poi si rivolge ai leader europei: «So che sono preoccupati dal fatto che il tempo sta per scadere e che abbiamo una sola possibilità di fare le cose giuste. Il mio messaggio a loro: ora è il momento di agire».
Le ha risposto a distanza il capo negoziatore dell’Ue, Michel Barnier: L’Ue «ha proposto al Regno Unito un’interpretazione giuridicamente vincolante dell’accordo di ritiro» della Gran Bretagna.
Ad annusare l’odore della paura è il leader dei Labour, Jeremy Corbyn, che si gode la crisi dei conservatori e ripete che le parole di May «suonano come un atto di disperazione», ribadendo che i suoi non sosterranno il suo accordo: «Noi porteremo avanti le nostre proposte: una unione commerciale, accesso al mercato e protezione dei diritti che sono stati ottenuti in Gran Bretagna grazie all’Ue».
La strategia labour è quella di attaccare personalmente la prima ministra: «May la smetta di scaricare le colpe e si prenda la responsabilità della crisi della Brexit, che è il risultato della sua intransigenza», ha commentato Ian Blackford, leader del partito scozzese a Westminster. Intanto, il 29 marzo si avvicina.