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Quando i doganieri francesi, il 30 marzo, sono entrati in un centro per l’assistenza ai migranti gestito dalla ong Raimbow 4Africa, è scoppiato il caso. I gendarmi di frontiera transalpini infatti volevano a tutti i costi sottoporre a analisi delle urine un ragazzo che aveva appena varcato il confine tra Italia e Francia. Un incidente diplomatico, le prese di posizione italiane, la polemica politica. Una violazione di sovranità che comunque Parigi disconosce. Eppure al di là della sollevazione nazionalista rimane un interrogativo, se non si fosse trattato di migranti, i doganieri si sarebbero comportati nella stessa maniera? Episodi precedenti, alcuni recentissimi, indicano una risposta negativa. Lo scorso 9 febbraio sempre a Bardonecchia, una donna nigeriana in cinta e malata terminale per un linfoma venne letteralmente scaricata nella sede della ong. Era stata respinta e riportata indietro, solo una corsa verso l’ospedale Sant’Anna di Torino le ha permesso di dare alla luce suo figlio, Israel. Intanto il confine di Ventimiglia è ormai sigillato e nella cittadina di confine stazionano i migranti che tentano di entrare in Francia. Un viaggio pericoloso tra boschi e torrenti che quasi mai finisce con un successo. Proprio per questo si tentano itinerari alternativi varcando le alpi. Un sentiero lungo 7 chilometri che collega Bardonecchia con il paese Transalpino, completamente ricoperto di neve che in questa stagione è a forte rischio valanghe. I migranti comunque ci provano le stesso, senza equipaggiamento e indumenti adatti. Si teme che con lo scioglimento della neve possano affiorare i corpi di chi non ce l’ha fatta in inverno. Ma a ben vedere il comportamento dei gendarmi francesi non è dettato solo dalla singola crudeltà umana. Esiste un retroterra legislativo che in qualche modo sostiene il comportamento della polizia di frontiera.Il 21 febbraio è stata presentata in Francia la nuova proposta per cambiare la legge sull’asilo politico e l’immigrazione. Autore del testo il ministro degli Interni Gérard Collomb, uomo vicino politicamente al presidente Emmanuel Macron. Si tratta di un complesso di norme che, se approvate, ridurranno di molto la possibilità di entrare in Francia con il rischio di tragedie simili a quelle di Bardonecchia. L’Assemblea Nazionale dovrà dunque decidere se potrà essere istituito un nuovo tipo di reato: “il superamento illegale della frontiera”. Le pene potrebbero essere severe. Si va dalla condanna fino ad un anno di carcere 3750 euro di multa, per coloro che attraverseranno senza permesso la frontiera alpina senza presentarsi ad una postazione di confine. Un’eventualità che per quasi tutti i migranti è remotissima. Il dibattito in Francia in realtà verte sulla presenza di immigrati nelle città del paese. Si calcola che circa un migliaio di persone senza permesso vaghi da un centro urbano all’altro inseguito dalla polizia che distrugge i ripari di fortuna per costringerli a non fermarsi. Una situazione divenuta ancora più difficile dopo lo smantellamento della “jungla” di Calais nel 2016 e il fallimento del piano dell’ex presidente francese Francois Holland che prevedeva la ridistribuzione dei migranti in diverse città.Le immagini di Parigi dello scorso dicembre, con numerose persone accampate sotto la neve e al gelo, segnalano a quale grado di disagio si sta arrivando. L’unica alternativa è attualmente la crescita del numero di chi è rinchiuso nei centri di detenzione amministrativa, tra l’ottobre e il dicembre 2017 erano 1944, nello stesso periodo dell’anno precedente 1123. Eppure il clima di caccia alle streghe non accenna a raffreddarsi nonostante la sconfitta dell’estrema destra del Front National. Un sondaggio di febbraio, realizzato dall’istituto Elabe, rivelava l’orientamento di un 66% di francesi che riteneva Macron troppo debole nei confronti delle politiche sui migranti. Il timore di perdere consensi dunque sta spingendo verso un indurimento anche riguardo il diritto di asilo. La nuova legge infatti mira a dimezzare i tempi di attesa per le richieste dei rifugiati che ora arrivano ad una media di 11 mesi. L’aggravio consiste nel fatto che non dovrebbe più esistere la sospensiva e la notifica arriverebbe ai richiedenti asilo solo una volta espulsi e tornati nel paese di origine. Qualcosa che neanche in Italia con la legge Minniti-Orlando è stata attuata sebbene nel nostro paese sia stato eliminato il grado di giudizio della corte di appello permanendo il ricorso in Cassazione..